
Cosa sono le zone scolastiche? Come verranno realizzate a Firenze? A che punto siamo con la loro sperimentazione?
Le zone scolastiche, dette frequentemente “strade scolastiche”, sono state introdotte nel Codice della strada italiano nel corso dell’estate 2020 ad opera del DL 16 luglio 2020 n.76, nell’ambito di una serie di interventi finalizzati al rapido sviluppo della mobilità sostenibile.
Questa innovazione è stata in buona misura possibile dall’apertura, da parte del mondo politico italiano, ad innovazioni di carattere radicale considerate ineludibili a causa della pandemia da COVID. Di fatto, così come accaduto per la sanità e la scuola, anche per la mobilità, passata la pandemia i cambiamenti non ci sono stati e si è presto tornati semplicemente alla normalità.
Ne sono un esempio, nel caso della città di Firenze, l’introduzione delle corsie ciclabili “disegnate” sull’asfalto – anch’esse previste dal DL 76 sopracitato – ad oggi scarsamente manutenute, segnalate in modo inadeguato e generalmente percepite come pericolose.
Il destino delle zone scolastiche non fa eccezione, con l’unica differenza che qui non si è neppure iniziata una seppur accennata forma di sperimentazione se non in poche grandi città del paese.
Si vedano, a questo proposito, i dati riportati da Kioto Club e CNR IIA nel rapporto Mobilitaria 2024: non risultano, secondo il rapporto, strade scolastiche attivate a Firenze al 2023.
Definizione e contesto normativo
Il Codice la descrive come “zona urbana in prossimità della quale si trovano edifici adibiti ad uso scolastico, in cui è garantita una particolare protezione dei pedoni e dell’ambiente, delimitata lungo le vie di accesso dagli appositi segnali di inizio e fine”, per la quale è possibile inoltre limitare o escludere “la circolazione, la sosta o la fermata di tutte o di alcune categorie di veicoli, in orari e con modalità definiti con ordinanza del sindaco”.
Le zone scolastiche si inseriscono nel più generale piano di trasformazione della mobilità che prevede una minimizzazione del trasporto tramite auto private.
Naturalmente, quella della norma del 2020 è una definizione-quadro, di ampio respiro e piuttosto vaga, aperta a possibili interpretazioni, di carattere più o meno minimalista o radicale. Cerchiamo quindi, per comprenderla meglio, di inquadrarla nel contesto normativo di carattere nazionale ed europeo degli ultimi 25 anni.
Sì, perché le norme sono 25 anni che si pongono il problema di sviluppare una mobilità alternativa alla realtà che, nella maggioranza delle nostre città, viviamo quotidianamente. Una realtà basata sulla centralità assoluta dell’auto privata, intesa addirittura come un diritto inalienabile di ogni cittadino (che può permettersela). Una centralità, di cui non è difficile capire le origini storiche ed industriali, che è costata cara al nostro Paese in termini di progressivo indebolimento del servizio pubblico e che ci lascia di fatto oggi ostaggio di una mobilità in cui il cittadino sente di poter far affidamento solo sulla propria auto per cavarsela in mezzo al traffico.
Già nel 2000 vengono previsti, a livello nazionale, appositi Piani urbani di mobilità per assicurare la “minimizzazione dell’uso individuale dell’automobile privata” (art. 22 della legge n. 340).
Dal 2007 iniziano invece ad essere emanati alcuni importanti indirizzi europei sulla mobilità. Tra questi:
- il Libro verde per una nuova cultura della mobilità urbana (2007),
- la Risoluzione del Parlamento europeo di analoga denominazione (2008),
- la Comunicazione della Commissione europea sullo sviluppo dei Piani locali di mobilità urbana sostenibile (2009),
- il Libro bianco per uno spazio unico europeo dei trasporti (2011),
- la Direttiva sui combustibili alternativi ai derivati del petrolio (2014),
- le Linee guida per lo sviluppo e l’attuazione del Piano urbano per la mobilità sostenibile (2014).
In particolare, queste ultime delineano con chiarezza, a conclusione di un significativo percorso culturale e istituzionale, i tratti fondamentali di un concetto di mobilità sostenibile, definiti in rapporto a quello di mobilità tradizionale:
Pianificazione dei trasporti tradizionale | Sustainable urban mobility planning |
Incentrata sul traffico | Incentrata sulle persone |
Obiettivi principali: capacità dell’infrastruttura e velocità dei flussi di traffico | Obiettivi principali: accessibilità e qualità della vita, compresi l’equità sociale, la qualità della salute e dell’ambiente e la redditività economica |
Incentrata sui modi di trasporto | Sviluppo integrato di tutti i modi di trasporto e passaggio alla mobilità sostenibile |
Le infrastrutture sono l’aspetto principale | Combinazione di infrastrutture, mercato, regolamentazione, informazione e promozione |
Documento di pianificazione settoriale | Documento di pianificazione coerente con i settori di intervento correlati |
Piano di attuazione a breve e medio termine | Piano di attuazione a breve e medio termine inserito in una strategia e in una visione a lungo termine |
Copre una zona amministrativa | Copre un’area urbana funzionale definita sulla base dei flussi degli spostamenti da e verso il luogo di lavoro |
Di competenza degli ingegneri del traffico | Team di pianificazione interdisciplinari |
Valutazione d’impatto limitata | Valutazione sistematica degli impatti per agevolare l’acquisizione degli insegnamenti e il miglioramento |
In sostanza, le Linee guida europee del 2014 auspicano un radicale cambio di paradigma, “democratizzando” la gestione tecnico-specialistica del tema della mobilità e aprendola alle inevitabili implicazioni di carattere trasversale connesse: dalla salute pubblica alla qualità della vita, passando per la tutela del commercio di prossimità, la salvaguardia della sicurezza e degli spazi sociali/relazionali, la necessaria e non più eludibile transizione ecologica.
Tutto questo nel quadro di una chiara comprensione delle importantissime implicazioni politico-economiche, sociali e culturali dei sistemi di trasporti nelle società europee contemporanee.
È così che si arriva, in ultima istanza, alla legislazione italiana sui PUMS (Piani Urbani per la Mobilità Sostenibile), che nel caso della città di Firenze riguardano tutta l’area della Città metropolitana: parliamo del decreto legislativo 257 del 2016, attuativo della Direttiva europea del 2014 sopra richiamata, e delle connesse Linee guida emanate con decreto del Ministro delle Infrastrutture e Trasporti del 4 agosto 2017.
Queste ultime, basate su obiettivi, strategie e azioni comuni, prescrivono come obbligatori, nell’ambito di 4 aree di interesse, i seguenti macro-obiettivi minimi:
- Miglioramento della qualità dello spazio stradale e urbano
- Miglioramento della qualità dell’aria
- Riduzione dell’inquinamento acustico
- Riduzione dell’incidentalità stradale
- Diminuzione sensibile del numero di incidenti con morti e feriti tra gli utenti deboli (pedoni, ciclisti, bambini e over 65)
- Miglioramento dell’inclusione sociale
- Aumento della soddisfazione della cittadinanza
Inoltre, tra le strategie adottabili sono indicate le seguenti:
- Sviluppo di sistemi di mobilità pedonale e ciclistica, al fine di considerare gli spostamenti ciclo-pedonali come parte integrante e fondamentale della mobilità urbana e non come quota residuale
- Diffusione della cultura connessa alla sicurezza della mobilità, con azioni che mirano alla riduzione del rischio di incidente ed altre il cui fine è la riduzione dell’esposizione al rischio; con azioni di protezione dell’utenza debole ed altre che mirano all’attenuazione delle conseguenze degli incidenti
- Diffusione della cultura e della formazione sulla mobilità sostenibile al fine di favorire una maggiore consapevolezza e lo spostamento modale soprattutto per le generazioni future
Infine, tra le azioni adottabili sono indicate le seguenti:
- Attività condotte dal Mobility Manager di area in collaborazione con i singoli Mobility Manager aziendali con lo scopo di incentivare la sostenibilità
- Sviluppare politiche integrate di gestione della domanda
- Miglioramento dei collegamenti pedonali e ciclistici verso i principali luoghi di interesse pubblico (scuole, uffici pubblici, servizi primari)
- Adozione di soluzioni progettuali per ambiti specifici di particolare interesse e/o particolarmente problematici (quali le zone 30)
- Creazione di percorsi casa-scuola per le biciclette e a piedi e promozione di forme di mobilità pedonale collettiva
- Promozione della mobilità condivisa presso aziende ed enti pubblici
- Interventi infrastrutturali per la risoluzione di problemi nei punti più a rischio della rete stradale
- Realizzazione di corsie ciclabili protette, interventi di separazione dei flussi, segnaletica orizzontale e verticale, corsie pedonali protette e percorsi pedonali protetti casa-scuola
- Campagne di sensibilizzazione ed educazione stradale
- Campagne di informazione e coinvolgimento sulla mobilità sostenibile, anche attraverso interventi specifici e diffusi sulle scuole
Si tratta quindi di un cambio di prospettiva rispetto all’idea che il problema del traffico si possa risolvere rendendo più facile attraversare in auto le città. Quel concetto di “fluidificazione” del traffico privato che è ancora purtroppo presente anche nel PUMS di Firenze.
Per capire che cosa si intende per “fluidificazione”, basta pensare ai film americani degli anni ‘80 o ‘90 girati a Los Angeles. L’idea che aumentare la portata dell’infrastruttura consenta di eliminare code e ingorghi porta alla realizzazione di sempre più spazio per le auto, viadotti enormi, che rendono veloce il transito alle auto, rendendo l’utilizzo dell’auto la scelta più ovvia e conveniente per sempre più persone. Il traffico rimane, ma lo spazio è sempre più organizzato in funzione delle auto.
Un post ironico sulla logica per cui aumentando le infrastrutture si possa risolvere il problema del traffico
Di fatto, e questo lo osserviamo quotidianamente, la necessaria ricostruzione del sistema tramviario metropolitano non è vista come un’opportunità per espellere progressivamente le auto dalla città, grazie allo sviluppo di un trasporto collettivo intermodale e sostenibile, ma come un sacrificio imposto all’automobilista, al quale viene sottratto lo spazio prima destinato interamente alla macchina.
In questo conflitto tra tram e auto privata nella fruizione di una risorsa limitata, lo spazio pubblico cittadino, non vi sono, di fatto, più margini per altre forme di mobilità, come quella pedonale o ciclistica, che sono invece alla base del concetto di zona scolastica.
Non casualmente, il tasso di motorizzazione dell’area metropolitana fiorentina continua ad aumentare, anziché diminuire, come attestato nel già citato rapporto Mobilitaria 2024.
Tutto ciò, e qui ritorniamo al tema specifico, in un quadro normativo nazionale che ha già intuito il ruolo essenziale che la scuola, uno dei, se non il principale, maggiori attrattori di mobilità, può avere nella transizione a una mobilità pubblica rispettosa delle persone e dell’ambiente.
Infatti il decreto-legge 68 del 16 giugno 2022, convertito con modificazione dalla legge 108/22, all’art. 8, comma 12-bis, afferma che:
- “Al fine di assicurare l’abbattimento dei livelli di inquinamento atmosferico ed acustico, la riduzione dei consumi energetici, l’aumento dei livelli di sicurezza del trasporto e della circolazione stradale, la riduzione al minimo dell’uso individuale dell’automobile e il contenimento del traffico, l’educazione della comunità scolastica alla mobilità sostenibile e il miglioramento dell’accessibilità scolastica, fatta salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche, il Ministro dell’istruzione […] adotta specifiche linee guida per l’istituzione in tutti gli istituti scolastici di ogni ordine e grado del mobility manager scolastico finalizzate alla promozione della funzione educativa della scuola e dello sviluppo sostenibile”;
- “Le istituzioni scolastiche, singolarmente o in rete, individuano il mobility manager scolastico tra il personale docente, senza esonero dall’insegnamento, ovvero ricorrendo a figure professionali esterne, in coerenza con il piano dell’offerta formativa”;
- “Il mobility manager scolastico ha il compito di:
- diffondere la cultura della mobilità sostenibile;
- promuovere l’uso della mobilità ciclo-pedonale e dei servizi di noleggio e condivisione di veicoli elettrici o a basso impatto ambientale;
- supportare il mobility manager d’area, ove nominato, e le competenti amministrazioni locali ai fini dell’adozione delle misure di mobilità sostenibile fornendo elementi per favorire la sostenibilità degli spostamenti del personale scolastico e degli studenti dell’istituto scolastico;
- segnalare al competente ente locale eventuali esigenze legate al trasporto scolastico e delle persone con disabilità”.
Si lasci pure da parte il fatto che le previste Linee guida del ministero dell’Istruzione non sono mai state emanate (le scuole, nel quadro dell’autonomia funzionale istituita all’inizio degli anni 2000, ne possono fare a meno e procedere comunque alla gestione del tema secondo i principi delineati dalla legge): risulta comunque chiara l’intenzione del Legislatore nel delineare un sistema in cui la Comunità educante, come correttamente e significativamente denominata negli ultimi CCNL del comparto Istruzione e ricerca, rappresenta un perno essenziale e necessario nella transizione alla mobilità urbana sostenibile.
Per concludere, quindi, la zona scolastica non è una semplice “strada” chiusa temporaneamente al traffico: questa visione ne rappresenta una interpretazione assolutamente minimalista, della quale si può tranquillamente fare a meno.
Secondo i principi dell’urbanistica “tattica” già applicati in importanti centri urbani come Milano, basati su strumenti di trasformazione “leggeri” e reversibili , la zona scolastica è molto di più, perché ha una funzione potenzialmente rivoluzionaria:
- Recupera alla collettività spazi urbani occupati e deturpati dalle macchine, destinandoli alla socialità;
- Ne ridefinisce l’estetica, rendendoli finalmente belli e colorati;
- Riformula l’idea dell’educazione e della didattica, favorendo il coinvolgimento delle comunità scolastiche nella progettazione e realizzazione delle zone scolastiche;
- Rappresenta l’unità di riferimento per una diversa progettazione della mobilità cittadina e metropolitana;
- È l’area e il modello di riferimento per la progressiva trasformazione di tutto lo spazio urbano;
- Garantisce la possibilità di sperimentare le zone scolastiche col favore della Comunità educante, che lega il personale interno con un numero di famiglie che varia, a titolo meramente indicativo, tra circa 600 e 1700 nuclei;
- Libera gli uffici comunali dall’enorme lavoro burocratico legato alla lunghissima pianificazione delle variazioni di carattere infrastrutturale definitive e legate all’idea di un trasporto suddiviso esclusivamente tra mezzo privato motorizzato e trasporto pubblico;
- Tutela la salute dei bambini, degli adolescenti e della cittadinanza in generale;
- Favorisce il pieno sviluppo dei bambini, rendendo la città uno spazio strutturalmente aperto, libero, disponibile e sicuro.
In queste slide di Scopelliti potete vedere esempi di grande ispirazione riguardo ai risultati ottenuti da Milano.
Le strade scolastiche in Italia
In Italia la prima esperienza pionieristica che ha visto l’introduzione di strade scolastiche è stata quella di Bolzano, che già nel 1989 con l’iniziativa Autofrei zur Schule aveva previsto la chiusura di alcuni tratti di strade nei pressi delle scuole durante gli orari di entrata e uscita degli studenti. Oggi il capoluogo altoatesino conta 9 strade scolastiche e 6 itinerari “pedibus” per l’accompagnamento dei bambini a scuola, servizi resi possibile anche grazie all’impiego di un nutrito gruppo di “nonni vigili” assunti con contratto per servizio socialmente utile che operano in stretto contatto con la Polizia Municipale.
Nel resto dell’Italia la diffusione di iniziative di questo tipo è stata molto lenta: alcune città come Parma, Monza e Olbia hanno avviato sperimentazioni già prima del 2020, ma sono stati soprattutto la pandemia da un lato e la modifica del Codice della Strada ad opera del DL 76/2020 dall’altro a dare una spinta decisiva all’adozione più sistematica di queste iniziative da parte delle amministrazioni locali.
A Torino a partire dal 2020 si sono succedute fasi di studio e sperimentazione con progetti di segnaletica, aree car-free, pedonalizzazioni temporanee e interventi di moderazione del traffico. Ad oggi 4 delle zone scolastiche per le quali era partita la sperimentazione sono state rese definitive con delibera della Giunta Comunale, finanziate dai fondi React-EU; per altre zone la fase sperimentale è stata prorogata.
A Roma la Giunta capitolina è partita nel 2022 con un progetto ambizioso individuando ben 110 zone intorno a istituti scolastici dove intervenire con soluzioni permanenti o con installazione provvisoria di fioriere/barriere. L’iniziativa è avanzata a rilento rispetto alle attese e a inizio 2025 erano state implementate 12 strade scolastiche, di cui 10 realizzate in economia con interventi temporanei a basso costo e solo 2 definitive. Tra queste ultime c’è la strada scolastica “artistica” di via Monte Ruggero, inaugurata ad aprile 2025 e resa possibile grazie al finanziamento ottenuto da Bloomberg con la partecipazione di Roma Capitale al bando “Asphalt art Initiative”. Rimangono al momento in attesa di fondi altri 18 progetti che sarebbero pronti per la realizzazione e che prevedono a seconda del contesto la chiusura di strade o l’allargamento di aree pedonali.
La strada scolastica di via Monte Ruggero a Roma [credits: comune.roma.it]
A Bologna, come parte del processo di cambiamento di ”Bologna città 30” sono in corso di sviluppo diverse piazze scolastiche e l’attivazione di nuove linee di “pedibus” per il tragitto casa-scuola dei bambini. A metà 2024 erano 6 le piazze scolastiche inaugurate in città, di cui una parte ancora in fase di urbanistica tattica sperimentale e una parte già realizzate con interventi definitivi.
A Milano grazie al bando “Piazze aperte per ogni scuola”, un avviso pubblico promosso nel 2023 in collaborazione con l’Agenzia Mobilità Ambiente Territorio (AMAT), Bloomberg Associates e Global Design Cities Initiative, il Comune ha raccolto 87 proposte provenienti da scuole, cittadini, associazioni e istituzioni pubbliche e private. A fine 2024 erano 23 i progetti realizzati tra sperimentazioni di urbanistica tattica e interventi definitivi, con l’obiettivo entro la primavera del 2025 di inaugurare 10 nuove piazze scolastiche e di trasformare in definitivi 5 interventi già realizzati in modo temporaneo.
Non esiste un registro ufficiale sullo stato dell’arte delle numerose iniziative che in via sperimentale o meno stanno provando a cambiare il volto delle aree intorno agli istituti scolastici, anche se la coalizione Clean Cities con la campagna “Streets for kids” prova a fare una mappatura: https://italy.cleancitiescampaign.org/aiutaci-a-trovare-le-strade-scolastiche/
Da un’analisi superficiale delle esperienze finora conosciute nel nostro paese emerge comunque che gli interventi sulle strade scolastiche possono differire da caso a caso per le modalità di finanziamento (ad esempio fondi europei, risorse comunali, o investimenti privati), per i metodi di realizzazione (come la co-progettazione con la comunità o l’uso di bandi pubblici), per le soluzioni adottate (piccole pedonalizzazioni, interruzioni momentanee della viabilità, installazione di arredi urbani, depavimentazioni), e per il grado di permanenza, che può andare da interventi temporanei a trasformazioni strutturali e definitive.


Una giornata senza macchine al Quartiere 1 e Quartiere 4 di Firenze a maggio 2025
Verso le strade scolastiche fiorentine. A che punto siamo e quali le prossime tappe?
- A Firenze diverse organizzazioni lo chiedono da molto tempo, questo avviene in sinergia con il pedibus. Ad esempio, segnaliamo questo: https://2025.festivalsvilupposostenibile.it/cal/936/le-strade-scolastiche-nel-quartiere-4
- A Marzo 2025 il Comune ha stanziato tramite un bando 500.000 euro da destinare a progetti di sicurezza stradale per le associazioni. Tra le attività finanziate, quelle relative alle strade scolastiche e piedibus.
- Il 12 Maggio 2025 il Consiglio Comunale di Firenze ha approvato la mozione promossa da AVS-Ecolò insieme alla coalizione di maggioranza per istituire strade e piazze scolastiche in mod progressivo in tutti i quartieri della città.
- Nei quartieri abbiamo avviato un percorso, insieme a gran parte dei consiglieri di maggioranza che vede una serie di passaggi, dal deposito in commissione all’avvio e la valutazione della sperimentazione sulle scuole pilota. Questo è il testo della mozione presentata dai nostri consiglieri in tutti i quartieri.
Questo è il punto della situazione ad oggi:
DEPOSITATA IN COMMISSIONE | APPROVATA IN COMMISSIONE | APPROVATA IN CONSIGLIO | INIZIO SPERIMENTAZIONE | CONCLUSIONE SPERIMENTAZIONE | RESTITUZIONE DEI RISULTATI DELLA SPERIMENTAZIONE | |
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Data di pubblicazione: 12 Maggio 2025
Autore: Redazione