Gianluca Serra, ecologo specializzato nella conservazione degli ecosistemi, ci spiega perché è partito un movimento dal basso che sta cercando di evitarlo
Ecolò: Buongiorno Gianluca, come è nata e chi sono i promotori della petizione lanciata per fermare questo progetto?
Gianluca: Nel Novembre 2022 mi è giunta voce di questa intenzione da parte della Regione Toscana mentre mi trovavo a Vallombrosa per un sopralluogo. Ho poi verificato e trovato conferme varie, per esempio questa notizia.
Il documento di opposizione che abbiamo mandato in regione nel Marzo 2023 e la successiva petizione su Change.org è stata finora sottoscritta da oltre 20 associazioni nazionali, regionali e locali e da 42 esperti del settore (forestali, ecologi, geologi ecc.).
Ecolò: Il Pratomagno è un’area protetta? Perché e cosa significa?
Gianluca: Il massiccio del Pratomagno è un comprensorio montano di alto pregio naturalistico ed ecologico, il rilievo più alto e “selvaggio” in vicinanza del capoluogo toscano (infatti è anche noto con la denominazione di “Montagna fiorentina”), in diretto collegamento ecologico con il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi e la catena appenninica.
La valenza naturalistica e paesaggistica del massiccio del Pratomagno a livello regionale, nazionale e comunitario è stata riconosciuta ampiamente negli scorsi decenni.
Oltre a essere un’ Oasi faunistica provinciale, il crinale del Pratomagno e le sue pendici sono un’area di importanza naturalistica internazionale che comprende ben due Zone Speciali di Conservazione della Rete Natura 2000: la ZSC/ZPS IT5180011 “Pascoli e Cespuglieti del Pratomagno” e la ZSC “Vallombrosa e Bosco di S. Antonio”. I due Siti rientrano inoltre nella rete regionale dei SIR (Siti di Importanza Regionale), istituiti da Regione Toscana.
Come riconoscimento del fatto che la ZSC/ZPS “Pascoli e cespuglieti del Pratomagno” è un’area di importanza internazionale anche per l’avifauna, BirdLife International la ha inserita nell’elenco delle “Important Bird Area” (IBA) su scala globale nell’anno 2000.
A ulteriore conferma dell’importanza europea dei due siti, e in particolare di quello del Pratomagno, ricordiamo i cinque progetti LIFE (programmi cofinanziato dall’Unione Europea) che hanno
interessato l’area a partire dai primi anni Duemila, tre dei quali ancora in corso.
Avendo recentemente candidato il progetto “I Territori del Pratomagno” al Premio del Paesaggio del Consiglio d’Europa edizione 2022/2023, la Regione Toscana ha dimostrato di essere pienamente consapevole della rilevanza e dell’unicità del paesaggio del Pratomagno, su scala europea. Tale paesaggio è già stato modificato dalla installazione di innumerevoli ripetitori nei decenni passati e da varie pale eoliche.
Ecolò: Quali sono gli impatti dovuti al progetto di asfaltatura?
Gianluca: Le associazioni ed esperti sottoscrittori ritengono che il progetto di asfaltatura dei 12 km della strada di crinale del Pratomagno sia sostanzialmente incoerente e palesemente di segno contrario rispetto ai seguenti impegni presi dalla Regione stessa:
1) gli obbiettivi e le indicazioni del Piano di Indirizzo Territoriale/Paesaggistico del Val d’Arno Superiore (2015) e del suo sviluppo nella forma del Progetto di Paesaggio “I Territori del Pratomagno” (2022);
2) gli obbiettivi e misure di conservazione dei piani di gestione delle due Zone Speciali di Conservazione (ZSC) della Rete 2000 della Comunità Europea incluse all’interno del territorio (“Vallombrosa-Bosco di S. Antonio” e “Pascoli montani e cespuglieti del Pratomagno”).
I sopra citati documenti identificano le seguenti minacce più importanti per quest’area:
• la pressione antropica incontrollata
• l’artificializzazione progressiva del paesaggio
• il bracconaggio
• la diffusione delle specie aliene invasive.
In particolare, il carico di visitatori è menzionato in entrambi i piani di gestione delle due ZSC come un fattore di grave minaccia per habitat e specie di rilievo comunitario e globale.
Proprio le praterie sommitali del Pratomagno, classificate come “habitat prioritario” dalla Direttiva Habitat 92/43/CEE sono tra gli ambienti a maggior rischio a causa dell’aumento incontrollato dei flussi turistici che farebbe seguito all’asfaltatura della strada. Un ambiente ricchissimo di biodiversità ma altrettanto fragile, che già oggi mostra evidenti i segni dell’impatto negativo causato da carichi turistici particolarmente alti, concentrati durante il periodo estivo, che hanno determinato la presenza di diffusi sentieramenti e fenomeni erosivi.
Ispra Ambiente su nostra richiesta ha espresso un parere nettamente negativo sull’opera, attestando l’importanza naturalistica ed ecologica internazionale di questo comprensorio.
Anche la Sopraintendenza di Arezzo ha espresso parere negativo su questo progetto, in particolare sull’uso dell’asfalto in quel contesto.
Ecolò: Gli impatti del progetto sugli ecosistemi locali sono stati valutati da chi propone e sostiene il progetto di asfaltatura?
Gianluca: Le minacce menzionate nel punto precedente sono state sistematicamente ignorate da quando le due ZSC sono state istituite e il carico dei visitatori è già, stagionalmente, divenuto fuori controllo e molto probabilmente “insostenibile” da un punto di vista ecologico.
Nel promuovere il progetto di asfaltatura sono state evidentemente tralasciate, o grandemente sottovalutate, le sue inevitabili ricadute negative sulle caratteristiche identitarie, l’amenità e la
naturalità del paesaggio del Pratomagno nonché sugli habitat, sull’ecologia e comportamento della fauna di importanza internazionale per cui le due ZSC sono state istituite.
Ecolò: Quali sono le ragioni per contestare il progetto anche in un’ottica di sviluppo sostenibile del territorio oltre a quanto legato alla tutela della biodiversità?
Gianluca: I sottoscrittori di questo appello, sostenuti dai pareri indipendenti di Ispra Ambiente e della Sovrintendenza, ritengono che questo tipo di progetto sia contrario ad ogni moderno concetto di sostenibilità ambientale e conservazione della natura; un progetto che nasce da una concezione anacronistica di sviluppo, tipica di vari decenni fa, incentrata unicamente sull’aumento del costruito, sul moltiplicarsi delle infrastrutture di ogni tipo e ampiezza e su un unico tipo di
mobilità, quella motorizzata.
Raccomandano pertanto un ripensamento radicale di questa idea di progetto che tenga conto degli impegni presi da parte della Regione con i cittadini e con le istituzioni Europee.
Il CAI Toscana ha scritto una lettera a Giani mesi fa contestando al suo governo un approccio allo sviluppo della montagna anacronistico ed insostenibile ecologicamente e paesaggisticamente.
Ecolò: Quale soluzione alternativa proporresti?
Gianluca: Usare i fondi disponibili (1,8 milioni di euro) per rimettere in sicurezza la strada bianca del crinale sarebbe il giusto segnale di una svolta nella direzione di promuovere un turismo di qualità, basato sulla mobilità lenta e la sostenibilità ambientale tutelando al contempo i valori più rari e vulnerabili del comprensorio, anche attraverso la promozione e il sostegno di quelle attività, come il
pascolo, l’agricoltura di montagna e certe forme di utilizzo del bosco (es. filiera della castagna e dell’erica) che hanno ricadute positive sia sulla biodiversità sia sulle comunità locali, offrendo modelli di sviluppo che sarebbero alla base di quel Piano di Paesaggio che la stessa Regione ha promosso e adottato.
Ecolò:Quali sono gli interlocutori chiave, con cui vi state confrontando, dai quali dipenderà la decisione finale, e come pensate sia possibile riuscire ad annullare o modificare il progetto?
Gianluca: Finora la Regione ci ha risposto solo una volta, dandoci ragione sul fatto che un progetto del genere deve essere sottoposto ad una Valutazione di Incidenza Ambientale (VIncA)- cosa che probabilmente non avrebbero fatto se non avessimo portato l’attenzione su questo progetto (infatti hanno asfaltato già un tratto che ricade nel comune di Loro Ciuffenna senza fare alcuna VIncA). Non hanno rispsto per ora alla nostra richiesta di incontro per dialogare. Ho incontrato una volta per caso il Presidente Giani ad un evento e lui mi ha detto che questo progetto è una vecchia idea del consigliere regionale del PD Ceccarelli che è del Casentino. Il quale per ora, anche lui, non ha
risposto alle nostre richieste di incontro.
Abbiamo incontrato i 3 sindaci dei comuni coinvolti da tale progetto (Montemignaio, Castel San Niccolò e Loro Ciuffenna). Solo il sindaco di Castel S. Niccolò è un convinto assertore del progetto di asfaltatura, gli altri 2 si sono dimostrati d’accordo con i nostri argomenti. Il problema è che Castel S. Niccolò ha la maggior parte della strada in questione sul suo territorio.
Andremo avanti con la mobilitazione finché ne avremo energie cercando di sensibilizzare la popolazione e associazioni locali. Ci stiamo mettendo in rete con due mobilitazioni analoghe che stanno avvenendo sull’Appennino Toscano: quella contro la creazione di una strada in mezzo alla riserva naturale dell’Orrido di Botri in Garfagnana e quella contro la creazione di una nuova funivia sull’Appennino Pistoiese (Doganaccia).
Vorremmo ispirarci alla campagna di tutela delle strade bianche che è avvenuta in Chianti nelle scorse decadi che ha avuto come promotore Giancarlo Brocci ideatore della corsa ciclistica nota come l’Eroica.
Ecolò: Grazie per le risposte e per la battaglia di tutela del territorio che state portando avanti!
Foto di copertina: Flickr.com autore: Naturally_exposed
Padre Bernardo, abate del Monastero di San Miniato al Monte, ha chiamato i fiorentini a partecipare ad una fiaccolata per la pace e in solidarietà verso tutte le vittime dell’ultimo conflitto israelo-palestinese. La comunità di Ecolò, sgomenta dei fatti degli ultimi 13 giorni, sentiva urgente il bisogno di un momento di solidarietà e di richiesta di pace, senza “ma” e senza distinguo.
Ecolò si ritrova a Piazzale Poggi, sotto la Porta san Niccolò, alle 18:00 per poi salire tutti insieme ed essere alle 18:30 al Piazzale. Qui sotto riportiamo la lettera di invito.
Care concittadine, cari concittadini,
Le scene raccapriccianti di uomini donne e bambini cercate casa per casa, le uccisioni deliberate di inermi a sangue freddo hanno risvegliato dal torpore la nostra coscienza che in questi ultimi, terribili giorni dovrebbe aver acquisito una volta per sempre che la guerra e i suoi perversi propositi di pulizia etnica, ovunque essi si manifestino, segnalano che la nostra umanità ha sconfitto se stessa affermando il primato della violenza assassina e quello, sempre seducente, della ritorsione rispetto alla via, senza dubbio ardua ma così qualificante e costruttiva, del dialogo, della reciprocità e della condivisione.
Scartare questo tracciato, pur segnato da inevitabili curve e salite, per imboccare pericolose scorciatoie, significa infatti deprimere la nostra visione della storia in una disperata e cinica rassegnazione al male e soprattutto rinunciare alla possibilità non utopica, ma concretamente necessaria, ragionevole e ineludibile che ogni nostro pensiero e ogni nostra azione sappiano sempre e dovunque propiziare il bene della giustizia e quindi la pacifica convivenza fra le legittime aspirazioni e i diritti di popoli e culture diverse.
Nella luce di questa esigente, ma anche appassionante consapevolezza per tutte e tutti, senza distinzioni di fede e di sensibilità politica, Gerusalemme, il cui nome significa «città della pace», e tutta la regione mediorientale sono luoghi simbolici, ma reali nel cui fascinoso e sofferto splendore plurimillenario, accanto ad una irresistibile forza di ispirazione, si verifica con particolare urgenza come solo la pratica della pace possa generare un futuro che sia veramente capace di appassionare al bene della vita e alla responsabilità creativa il cuore e l’intelligenza delle nuove generazioni, lì come altrove.
Per noi, poi, che viviamo in questo insigne crocevia di arte e di ingegno, dovrebbe sempre risuonare nel cuore la voce forte e profetica del sindaco Giorgio La Pira che ancora oggi ci invita a guardare alla nostra Firenze come la «città sul monte: bella, come la Gerusalemme messianica, irradiante pace e luce».
Di fronte a tale bellezza, cercandone una finalità non semplicemente turistica, lo stesso La Pira si domandava inquieto: «La crisi dei popoli sta nel pericolo tremendo di una nuova guerra scardinatrice di ogni città e di ogni nazione? Ebbene: siano i popoli “convocati” -per così dire- in questa città della pace […] e da essa parta un messaggio sempre rinnovato di pace e di speranza».
Care concittadine e cari concittadini, il privilegio che è vivere a San Miniato al Monte quasi mi obbliga a gridare queste parole, condividendo adesso con voi quella coraggiosa «convocazione» se non di popoli diversi, almeno di tutta la cittadinanza, perché salendo su questo monte, tornando a contemplare da quassù la bellezza splendida e sempre vulnerabile della nostra città, ci riappropriamo di quanto ci accomuna come uomini e donne: la responsabilità di custodire e promuovere la vita nell’armonia della pace, la scelta sistematica di ripudiare il terrorismo e la guerra, la premura con cui porsi in attento ascolto dell’appello che ci arriva dai nostri giovani i quali, desiderando domani partecipare in pienezza alle vicende della polis, esigono giustamente da parte nostra una vera e credibile educazione al primato del bene comune, contro ogni sterile e interessata faziosità e contrapposizione.
Vi invito dunque, in queste ore oscure di angoscia, di smarrimento e di motivate preoccupazioni per il futuro non solo di quella o di quell’altra regione del nostro pianeta, ma per l’avvenire dell’intera famiglia umana, ad affrontare lunedì sera la salita che conduce a questo monte: non avremo parole da pronunciare, slogan da gridare, vessilli da esibire: i nostri volti, i nostri sguardi, il nostro silenzio, la nostra coscienza memore tanto del dolore degli ostaggi e dei loro congiunti, quanto del fiume di sangue, in grande parte innocente, versato in questi giorni di ferocia, e, ancora, il fuoco amico di fiaccole accese come argine al buio della notte, saranno -loro soltanto- il nostro «messaggio sempre rinnovato di pace e di speranza».
Sarebbe veramente un dono nel dono se accogliessero questo mio fraterno invito le amiche e gli amici della comunità israelitica e della comunità islamica che con la loro presenza esprimono da molto tempo la ricchezza organica e plurale della nostra concittadinanza.
Averle su a San Miniato al Monte lunedì sera, abbracciate dal nostro disinteressato affetto e dal nostro profondo rispetto per la loro indicibile sofferenza, sarebbe veramente un segno profetico di incalcolabile valore e significato, la cui fecondità di bene, ben oltre i contingenti steccati dell’odio e del sospetto, restituirebbe alla nostra città la possibilità di tornare a ridire al mondo intero con più verità e speranza quanto, alludendo all’invenzione fiorentina dell’umanesimo.
Il poeta Mario Luzi ebbe a dire, salutando nel 1986 in piazza Signoria Giovanni Paolo II, papa amico e insonne difensore della pace in medio oriente: «L’uomo: si imparò qui a Firenze a dire questa parola con particolare intenzione; come intendo un prodigio in cui la creazione si fosse identificata con il creatore; o come di un mistero di cui fosse impossibile delineare i contorni».
Padre Bernardo
Firenze, Abbazia di San Miniato al Monte
19 ottobre 2023
Abbiamo appena sperimentato settimane difficili. Incendi, inondazioni, temperature estreme sono il segno che le conseguenze del cambiamento climatico stanno iniziando ad essere chiaramente percepibili anche in queste zone del pianeta. Di fronte all’avverarsi delle previsioni scientifiche non dobbiamo rimanere paralizzati o cercare scorciatoie. Dobbiamo iniziare la transizione verso un modello di sviluppo sostenibile e inclusivo.
In questo contesto le elezioni 2024 saranno importanti perché non c’è più altro tempo a disposizione per preparare le nostre comunità al cambiamento. Quello inevitabile, e quello necessario. Firenze si deve preparare al futuro, un futuro che ci impone di cambiare.
Intorno a noi iniziano sempre più a diffondersi iniziative nella direzione di una conversione ecologica delle città, all’estero così come in Italia. Bologna Città 30 ne è un esempio, così come la promozione e diffusione delle Comunità Energetiche (rallentate solo dalla mancanza dei Decreti attuativi in capo al Governo Meloni), la riorganizzazione degli spazi urbani con maggior presenza di alberature e recupero della vivibilità degli spazi per le persone, incentivi per la mobilità dolce e l’uso dei mezzi pubblici e molte altre.
Anche a Firenze qualcosa si muove, ma molto altro continua a spingere verso eccessivi consumi di tutto: risorse, spazi, suolo, energia, con il turismo come principale motore del modello di business della città. Sono dominanti modelli di gestione del pubblico lontani dal concetto di solidarietà, vicini, invece, all’interesse di pochi: la creazione della multiutility e la quotazione in borsa di un bene pubblico come l’acqua o la destinazione a nuove strutture ricettive di aree di pregio ne sono l’esempio.
È arrivato il momento per dare centralità ad un approccio nuovo che costruisca una prospettiva di benessere per chi la città la vive quotidianamente, con le persone e l’ambiente al centro delle scelte politiche strategiche e concrete. Occorre un progetto di governo di emergenza climatica per la nostra città. L’associazione politica Ecolò è disponibile a farne parte. Vogliamo esserci perché siamo convinti che pensare le città a misura di persona, garantendo il diritto all’ambiente e alla socialità, sia l’unica risposta in grado di affrontare un futuro che ha bisogno di nuove opportunità per tutti e non di protezione di rendite ben consolidate.
Pensiamo anche che questa proposta, per essere vincente, debba essere in grado di andare oltre alla visione che ha governato la città negli ultimi 15 anni. Valorizzando le cose buone che sono state fatte, ma cambiando prospettiva negli ambiti che hanno portato ad un deterioramento della qualità della vita dei fiorentini. Non si può immaginare di costruire una coalizione che guardi al cambiamento con chi ha come prospettiva quella di perseverare nel modello di sviluppo ormai vecchio: più libertà ai privati, più aerei, più turisti, più strade, più consumo di suolo.
Pensiamo che debba essere una proposta aperta e democratica, che possa essere discussa con il nuovo corso del Partito Democratico a guida Schlein e che possa ambire a definirsi in una coalizione che parli con la Sinistra, ad iniziare dal gruppo consiliare Sinistra Progetto Comune e con il Movimento 5 Stelle. Una coalizione che si confronti tanto sui temi, quanto sulla scelta di chi la possa rappresentare e sulle regole dello stare insieme.
Una proposta che metta come punto di partenza la visione ecologica e solidale di futuro e costruisca da qui un nuovo patto con e per la Città.
Siamo consapevoli che il sentiero è stretto. Ci sono le dinamiche interne al Partito Democratico, quattro anni di opposizione e scontri con il Movimento 5 Stelle e la Sinistra, c’è la relazione complicata con Italia Viva, e la paura che, dopo tutti gli altri capoluoghi, nel 2024 possa essere Firenze a sancire una definitiva svolta a destra della Toscana. Ma siamo convinti che il modo giusto per uscire dall’angolo, per dare nuova speranza agli elettori che non vogliono svoltare a destra, sia proprio guardare fuori. Guardare ad una transizione ecologica che non lasci nessuno da solo ad affrontare le sfide che ci aspettano.
Se questa è la prospettiva Ecolò è disponibile a iniziare a lavorare da subito ad un programma per una Firenze che guarda al futuro, alle persone, al pianeta.
Caterina Arciprete e Giovanni Graziani
Co-portavoce dell’Associazione Ecolò
Del nuovo stadio a Firenze si parla poco e male. Le scelte riguardo alla riqualificazione del Franchi, ora che è venuta meno una parte del finanziamento, dovrebbero invece essere discusse in modo approfondito. La semplificazione e strumentalizzazione del dibattito è pericolosa perché rischia di far perdere di vista la complessità di una questione che riguarda aspetti urbanistici, economici, sociali e ambientali di grande importanza per il quartiere e per la città tutta.
Il progetto ARUP, vincitore del concorso internazionale per il recupero dello stadio Artemio Franchi e per la riqualificazione dell’area di Campo di Marte Nord, prevede una spesa di circa 200 milioni, finanziati con i fondi del PNRR, ma con lo stop da parte della Commissione Europea all’utilizzo di una parte di questi fondi (55 milioni) il dibattito ha assunto contorni preoccupanti.
Mediaticamente la discussione è sempre più schiacciata tra la posizione del Sindaco Nardella a difesa del progetto vincitore e quelle degli avversari politici, in primis Matteo Renzi, che cercano di sfruttare la situazione invocando la necessità di dare carta bianca a Rocco Commisso e alla Fiorentina per la costruzione di un nuovo stadio.
In questo dibattito è fondamentale partire da un punto: al di là degli ovvi risvolti politici, la soluzione peggiore per la città sarebbe bloccare il progetto di ristrutturazione del Franchi con la conseguente costruzione di un nuovo stadio in un’altra zona dell’area metropolitana. Tale scelta sarebbe peggiore non solo dal punto di vista ambientale, ma anche urbanistico, oltre che un problema per il Comune di Firenze dovendo prevedere 2 milioni all’anno di manutenzione per lo stadio Franchi, con la difficoltà di ospitare regolarmente altri grandi eventi che garantiscano una buona affluenza di pubblico come accade ora con le partite della Fiorentina.
La scelta di finanziare il progetto di restyling dello stadio e dell’area circostante con risorse provenienti in parte anche dal PNRR è stata una forzatura, come è risultato anche dall’esito negativo della verifica da parte della Commissione Europea. Ma ciò non significa che la ristrutturazione del Franchi sia una scelta sbagliata, né che sia sbagliato sostenere con risorse pubbliche un intervento su un’infrastruttura così importante. Non solo perché gli stadi sono importanti infrastrutture pubbliche ma soprattutto in un caso, come questo, dove gli interessi del privato che sarebbe stato disponibile ad investirci non sono risultati compatibili con quelli della collettività.
Per cercare di dare una lettura propositiva della situazione e di come procedere, di seguito riportiamo alcune riflessioni che abbiamo raccolto e fatto nostre, dopo essere state condivise da Andrés Lasso, che si è espresso sulla questione stadio più volte negli ultimi anni, prima come candidato sindaco dei Verdi e poi come semplice cittadino. Sono riflessioni che ci trovano d’accordo e che riteniamo utile condividere per poter proporre una “terza via” all’interno del dibattito sulla questione stadio.
Il Comune è arrivato a questa conclusione molto in ritardo, a obtorto collo, ma adesso è saldo su questa posizione.Alcuni partiti di opposizione, negli anni passati avevano già fatto proposte che andavano nella direzione di un restyling del Franchi. Si tratta quindi di una direzione di sviluppo della città sulla quale sarebbe possibile un dialogo trasversale alla maggioranza di governo, ma al momento la discussione politica si è radicalizzata, togliendo spazio ad un dibattito costruttivo. Per questo crediamo che in questa fase ci si debba operare perché il progetto Campo di Marte divenga una questione della città intera, anziché di una parte politica, così da poter limitare la speculazione prontamente sostenuta da parte della stampa e da una parte crescente dell’opinione pubblica fiorentina.
Questi sono alcuni degli aspetti specifici del progetto di riqualificazione che crediamo dovrebbero essere discussi in modo serio e trasparente con le forze politiche e la cittadinanza:
Alla città non serve che la questione stadio finisca in pasto alla strumentalizzazione politica, abbiamo bisogno che il progetto venga portato avanti nel miglior modo possibile a garanzia degli interessi della collettività. Per questo chiediamo al Sindaco e alla Giunta che venga costituito al più presto un tavolo ad hoc che coinvolga tutte le forze politiche per una discussione seria e trasparente su come verrà realizzata la riqualificazione dello stadio e dell’area di Campo di Marte.
Abbiamo interrogato il più famoso software di intelligenza artificiale riguardo ai problemi e alle soluzioni per Firenze (*). Il programma elettorale di ChatGPT è coerente con una visione che mette la transizione ecologica giusta al centro dell’azione politica!
Ecolò: Ciao. Vorrei farti un’intervista riguardo al presente e al futuro della città di Firenze, sei disponibile a rispondermi?
ChatGPT: Certo, sono a tua disposizione per rispondere alle tue domande sull’argomento. Inizia pure!
Ecolò: Prima di iniziare, mi diresti molto brevemente chi sei?
ChatGPT: Certamente! Sono ChatGPT, un assistente virtuale di intelligenza artificiale basato sull’architettura GPT-3.5 di OpenAI. Sono stato addestrato su una vasta gamma di argomenti e sono qui per aiutare a fornire informazioni e risposte alle tue domande.
Ecolò: Bene. allora iniziamo l’intervista. Mi puoi dire qual è secondo te il primo e più grave problema che ha la città di Firenze?
ChatGPT: Uno dei principali problemi che affliggono Firenze, come molte altre città, è la congestione del traffico e la conseguente inquinamento atmosferico. Il centro storico è particolarmente congestionato e la presenza di veicoli privati e turistici crea ingorghi e aumenta i livelli di inquinamento dell’aria. Ciò può avere un impatto negativo sulla salute dei residenti e dei visitatori, oltre a influire sulla qualità della vita generale nella città.
Ecolò: Sono d’accordo. Mi fai una lista di altri problemi importanti che ritieni abbia questa città?
ChatGPT: Certamente, ecco alcuni dei problemi più importanti di Firenze:
Questi sono solo alcuni dei problemi che Firenze deve affrontare, ma naturalmente ci sono anche altre questioni importanti da considerare.
Ecolò: Quindi, se tu dovessi scrivere un programma elettorale per Firenze, quali sono le tre principali direzioni di cambiamento che proporresti?
ChatGPT: Se dovessi scrivere un programma elettorale per Firenze, le tre principali direzioni di cambiamento che proporrei sarebbero le seguenti:
Ecolò: Sai che alcune forze politiche propongono di ampliare l’aeroporto di Firenze nei loro programmi elettorali? Noi siamo nettamente contrari a questa ipotesi che pensiamo aggraverebbe il problema del sovra-sfruttamento turistico e ci allontanerebbe dagli obiettivi di decarbonizzazione che ci indicano di guardare a mezzi di trasporto più puliti dell’aereo. Tu cosa ne pensi?
ChatGPT: Sì, alcune forze politiche propongono di ampliare l’aeroporto di Firenze nei loro programmi elettorali. Tuttavia, l’ampliamento dell’aeroporto potrebbe comportare un aumento del traffico aereo e delle emissioni di gas serra, che potrebbero aggravare il problema del sovrasfruttamento turistico e allontanare gli obiettivi di decarbonizzazione. È importante considerare gli impatti a lungo termine e valutare le alternative sostenibili al trasporto aereo
Ecolò: Riguardo all’uso dei trasporti pubblici pensi che renderli gratuiti possa essere un modo efficace per ridurre la congestione e abbattere l’inquinamento in città?
ChatGPT: Sì, l’idea di rendere i trasporti pubblici gratuiti potrebbe essere un modo efficace per incentivare l’uso del trasporto pubblico e ridurre la congestione del traffico e l’inquinamento atmosferico, ma potrebbe comportare anche alcuni svantaggi come l’aumento dei costi per la città e il sovraffollamento dei mezzi di trasporto pubblico.
Ecolò: Riguardo al sovraffollamento turistico ci sono possibilità di limitarlo, in particolare di limitare la crescente tendenza ad affittare tramite portali internet per periodi brevi?
ChatGPT: Sì, esistono diverse politiche che le autorità locali possono adottare per limitare il sovraffollamento turistico e la tendenza ad affittare appartamenti a breve termine tramite portali Internet come Airbnb. Queste politiche includono la regolamentazione degli affitti a breve termine, l’introduzione di tasse sugli affitti a breve termine, la promozione di alternative sostenibili al turismo di massa, la collaborazione con le piattaforme di affitto a breve termine e la sensibilizzazione dei residenti sulla necessità di limitare gli affitti a breve termine. Tuttavia, le opzioni disponibili possono variare a seconda delle leggi nazionali e del contesto locale.
Ecolò: Quindi, in un comune italiano, quale sarebbe la prima decisione da prendere per limitare il problema?
ChatGPT: La prima decisione da prendere per limitare il problema del sovraffollamento turistico in un comune italiano dipende dalle specifiche esigenze del comune. Tuttavia, una soluzione comune potrebbe essere quella di regolamentare gli affitti a breve termine tramite l’introduzione di normative locali e l’obbligo di registrazione degli affitti con le autorità locali. Inoltre, le autorità potrebbero collaborare con le piattaforme di affitto a breve termine per garantire la conformità alle normative locali e per promuovere un turismo sostenibile e rispettoso dell’ambiente. Infine, potrebbe essere utile sensibilizzare i residenti sulla necessità di limitare gli affitti a breve termine e di promuovere un approccio più sostenibile al turismo.
Ecolò: Nelle tue risposte l’accento va spesso su questioni ambientali. Vuoi parlarmi ora di problemi sociali che pensi ci siano a Firenze?
ChatGPT: Certamente, Firenze, come molte altre città, affronta diverse problematiche sociali che riguardano la qualità della vita dei suoi cittadini. Alcune delle principali problematiche sociali a Firenze includono:
Ecolò: Il primo punto nel tuo elenco riguarda le diseguaglianze economiche. sai che la tassazione dei redditi in Italia è prevalentamente definita dalle norme nazionali, d’altra parte il comune ha facoltà di imporre un’addizionale Irpef che arriva fino allo 0.8%. Firenze ha deciso di imporre un’imposta piatta allo 0.2%, sopra una certa soglia di esenzione, i fiorentini pagano una addizionale non progressiva quindi, che non aiuta a ridurre la disuguagliza. Rimodularla, facendo pagare una percentuale più alta ai percettori di redditi più alti ed investire il gettito in servizi essenziali potrebbe essere una buona idea per ridurre la disuguaglianza.
ChatGPT: Sì, hai ragione nel sottolineare che le norme nazionali definiscono prevalentemente la tassazione dei redditi in Italia. Tuttavia, i comuni hanno la facoltà di imporre un’addizionale Irpef fino allo 0.8%, come hai detto. L’imposizione di un’addizionale progressiva potrebbe essere una soluzione per ridurre le disuguaglianze economiche a Firenze, aumentando la tassazione per i percettori di redditi più alti e investendo il gettito in servizi essenziali per i cittadini. Questo potrebbe aiutare a ridurre la pressione fiscale sui cittadini a basso reddito e promuovere una maggiore equità fiscale. Tuttavia, la modifica dell’imposta locale richiederebbe un’analisi attenta e una pianificazione accurata per evitare effetti indesiderati sulla competitività del comune e sulla sua capacità di attirare investimenti.
Ecolò: Il tuo riferimento alla competitività è interessante, pensi che qualcuno potrebbe spostare la sua residenza da Firenze ad altrove per un aumento dell’addizionale dal 0.2 al 0.8% per la parte del reddito eccedente i 100 mila euro ad esempio? Si tratterebbe di un esborso di 600 euro per un percettore di 100 mila!
ChatGPT: È possibile che un aumento dell’addizionale Irpef dal 0.2% all’0.8% per la parte di reddito eccedente i 100.000 euro possa influenzare le scelte di residenza dei cittadini ad alto reddito, ma la variazione sarebbe probabilmente troppo piccola per avere un impatto significativo. Tuttavia, la decisione di aumentare l’addizionale Irpef dovrebbe essere valutata attentamente, tenendo conto degli effetti sulla competitività del comune e sulla possibilità di promuovere una maggiore equità fiscale.
Ecolò: Ora vorrei parlarti dello stadio. A Firenze c’è uno stadio storico, costruito 100 anni fa e tutelato come bene artistico di valore, il Comune ha un progetto di restyling e ammodernamento che però recentemente ha dei problemi di finanziamento perché una parte ingente dei fondi previsti è venuta meno. D’altra parte la proprietà della squadra di calcio che gioca nello stadio, la Fiorentina, ha proposto di costruire un impianto nuovo, fuori dalla città, a condizione che sia autorizzata a prevedere all’interno del progetto una serie di altri spazi funzionali a rendere redditizia l’operazione. Sarebbe preferibile proseguire nella strada del recupero e ammodernamento dell’impianto esistente o abbandonarlo per un progetto finanziato da privati ma costruito in altro luogo e secondo le esigenze della proprietà?
ChatGPT: La decisione tra il recupero e l’ammodernamento dello stadio esistente o la costruzione di un nuovo impianto fuori città dipende da molti fattori, tra cui la disponibilità di finanziamenti, le esigenze della squadra di calcio e la volontà della comunità locale.
Da un lato, il recupero e l’ammodernamento dello stadio esistente potrebbe rappresentare un’opzione preferibile dal punto di vista storico e culturale, in quanto preserva il patrimonio artistico e offre un luogo di incontro per la comunità locale. Inoltre, potrebbe essere possibile finanziare il progetto attraverso fondi pubblici o privati, senza dover costruire un nuovo impianto.
Dall’altro lato, la costruzione di un nuovo impianto fuori città potrebbe essere più conveniente dal punto di vista finanziario, in quanto potrebbe essere finanziato da privati e potrebbe includere spazi funzionali aggiuntivi per rendere l’operazione più redditizia. Tuttavia, potrebbe essere necessario investire in nuove infrastrutture per garantire l’accessibilità dell’impianto e potrebbe rappresentare un cambiamento significativo per la comunità locale, che potrebbe perdere un’importanteluogo di incontro e di identità culturale.
In ogni caso, la decisione dovrebbe essere presa dopo un’attenta valutazione dei pro e contro di entrambe le opzioni, coinvolgendo i rappresentanti della comunità locale e delle autorità competenti. In particolare, dovrebbe essere considerata la possibilità di integrare gli spazi funzionali aggiuntivi all’interno del progetto di recupero e ammodernamento dello stadio esistente, se possibile, per garantire la sostenibilità economica dell’operazione senza dover costruire un nuovo impianto.
Ecolò: Da come rispondi alle mie domande mi pare proprio che tu sia un’ecologista convinta!
ChatGPT: Come assistente virtuale, non ho opinioni personali o preferenze politiche, ma cerco di fornire risposte imparziali e obiettive alle domande che mi vengono poste. Ho cercato di fornire risposte complete e informate alle tue domande, basate sulle conoscenze che ho acquisito attraverso il mio addestramento e la mia programmazione. Se hai altre domande o dubbi, sarò lieta di aiutarti.
Ecolò: OK, intendevo dire che le tue risposte sono coerenti con una visione che mette la necessità di una transizione ecologica giusta al centro dell’azione politica
ChatGPT: Sì, come assistente virtuale basato su una tecnologia di intelligenza artificiale, sono programmata per restituire informazioni accurate e basate sui fatti. Tuttavia, l’importanza di una transizione ecologica giusta e sostenibile è un tema ampiamente discusso e riconosciuto in tutto il mondo, e le mie risposte possono riflettere questa consapevolezza. La transizione ecologica rappresenta una sfida globale importante e richiede un impegno condiviso per riuscire ad affrontare le sfide ambientali e sociali che il nostro pianeta sta affrontando.
Ecolò: che titolo daresti a un programma elettorale per proporre questi cambiamenti ai fiorentini?
ChatGPT: Un possibile titolo per un programma elettorale che mira a promuovere questi cambiamenti potrebbe essere “Firenze Sostenibile: una città per tutti“. Questo titolo potrebbe sottolineare l’importanza di una transizione ecologica sostenibile e giusta per la città, che sia in grado di rispondere alle esigenze di tutti i suoi cittadini, garantendo la sostenibilità ambientale, sociale ed economica. In questo modo, il programma elettorale potrebbe presentarsi come un’opzione equilibrata e integrata per affrontare le sfide attuali e promuovere un futuro sostenibile per la città.
Ecolò: grazie!
ChatGPT: Prego, sono sempre a disposizione per qualsiasi altra domanda o chiarimento.
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(*) Nota bene: le rispste sono fedelmente quelle fornite da ChatGPT, solo in alcuni casi, quando la risposta era troppo lunga, abbiamo ripetuto la domanda chiedendo una risposta “più succinta” e la risposta trascritta è quella più breve. Le immagini dell’articolo sono anche state create con l’intelligenza artificiale DreamAI.
In tutta Italia, gli studenti si stanno mobilitando contro il caro affitti che sta rendendo sempre più difficile per loro poter studiare lontano da casa. La protesta è arrivata anche a Firenze dove l’aumento dei prezzi delle case in affitto insieme all’inadeguatezza dell’offerta di studentati pubblici sta rendendo la città sempre più inaccessibile agli studenti.
Qui sotto un grafico scioccante dell’andamento del costo degli affitti nel comune di Firenze dopo la discesa dovuta al Covid stiamo assistendo ad una vera e propria esplosione dei prezzi.
In tutta Italia, gli studenti si stanno mobilitando contro il caro affitti che sta rendendo sempre più difficile per loro poter studiare lontano da casa. La protesta è arrivata anche a Firenze dove l’aumento dei prezzi delle case in affitto insieme all’inadeguatezza dell’offerta di studentati pubblici sta rendendo la città sempre più inaccessibile agli studenti.
Abbiamo intervistato Anna Perini (fiorentina, studentessa di medicina) e Riccardo Pisoni (trentino, studente di Scienze Politiche) di UDU, organizzazione studentesca che da diversi mesi sta portando avanti una campagna su questo tema.
Ecolò: Cosa vi porta a passare il pomeriggio in una tenda?
Anna: Siamo qui a manifestare contro il caro affitti che sta rendendo questa città poco accessibile per tante categorie di persone, tra le quali gli studenti. Ci sentiamo poco tutelati. Io sono fiorentina, quindi sono anche privilegiata, ma vedo come la situazione ha reso veramente difficile la vita per gli universitari.
Riccardo: Oggi poi la situazione si è aggravata perché la presenza ai corsi è nuovamente tornata obbligatoria.
Ecolò: E’ una campagna locale o nazionale questa?
Anna & Riccardo: E’ una campagna nazionale, ma la nostra l’abbiamo iniziata ad ottobre con il nome “fuorisede senza sede”. A Firenze il Comune ha una prospettiva totalmente turistica, non inclusiva nei confronti degli studenti dell’università pubblica. E’ una città tutta proiettata sull’utile. Noi non accettiamo che non ci siano spazi per noi: vogliamo la possibilità di sviluppare un’altra prospettiva di Firenze che vuole essere più inclusiva per noi e per altri.
Ecolò: Ci sono studenti che rinunciano a venire a Firenze secondo voi?
Anna & Riccardo: Sì. L’Università ha chiuso parte delle residenze Calamandrei e Caponetto perché erano necessari dei lavori di manutenzione gli impianti. Lavori previsti da anni che hanno creato una situazione complicata. Prima gli studenti che facevano domanda per la residenza e risultavano idonei diventavano automaticamente beneficiari. Ora ci sono circa 750 idonei non beneficiari per i quali non c’è una struttura disponibile. Questi studenti ricevono un contributo affitto (che è aumentato da 250 a 350 euro/mese) ma che a questo punto non è più sufficiente per coprire le spese di un affitto.
A livello nazionale poi stiamo cercando di porre l’attenzione sul rinnovamento delle case per gli studenti anche da un punto di vista energetico perché da un punto di vista di bollette e vivibilità ci troviamo spesso con case che hanno impianti vecchi, in disuso. Abbiamo fatto un documento, varie proposte, che abbiamo presentato al Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari CNSU un organo consultivo del Ministero dell’università e della ricerca italiano.
Ecolò: Ed a livello locale?
Riccardo: Noi abbiamo fatto un tavolo di lavoro con Regione Comune, Università e Azienda Regionale per il Diritto allo Studio. La sensazione è di non essere stati molto ascoltati. Qui sembra che ci sia maggiore attenzione nei confronti degli studenti stranieri che vanno in università private piuttosto che quelli dell’università pubblica. Non è un caso se gli studenti delle università straniere sono in aumento.
Ecolò: Cosa vorreste?
Anna & Riccardo: Aumentare gli sgravi fiscali per chi affitta agli studenti. Esistono delle agevolazioni fiscali per chi affitta a studenti con contratti concordati ma evidentemente non sono sufficiente. Poi c’è il tema centrale. Vediamo nascere ogni anno sempre più residenze private (Es. Belfiore), anche grazie al benestare del Comune. Ci hanno detto che per gli studenti stranieri 30 euro al giorno è economico. Sono 900 euro al mese: ma per quale studente italiano questo è una cifra accessibile?
Giovanni Mantovani, ingegnere trasportista, ex consulente del Comune di Firenze per il sistema tranviario e responsabile del procedimento di realizzazione della tratta SMN-Scandicci della linea T1, ha gentilmente accettato di rispondere ad alcune nostre domande sul sistema tramviario fiorentino.
Ecolò Entrambe le linee tramviarie attualmente in funzione sono un successo dal punto di vista del numero di utenti. Il rovescio della medaglia è però che i convogli sono sovraffollati nelle ore di punta, soprattutto per quanto riguarda la linea T1 da Scandicci verso la stazione SMN. Quali possono essere secondo lei le soluzioni a questa situazione?
Giovanni Mantovani: Mi consta che il sovraffollamento sia stato determinato, almeno in parte, dal successo del parcheggio di scambio di Villa Costanza e che questa causa verrà attenuata grazie all’utilizzo del parcheggio di scambio alla fermata Guidoni della T2 (che peraltro non ha ancora una grande capacità) in modo di principio analogo a quello di Villa Costanza. È comunque opportuno essere preparati a possibili incrementi di domanda della T1 (anche per effetto dell’ipotizzato prolungamento oltre Villa Costanza o dell’apporto di nuovo carico in arrivo a Porta al Prato con la T4).
Le soluzioni, ovvie, sono due: aumentare la frequenza o la capacità dei tram.
La prima soluzione pone problemi di interferenza tra T1 e T2 nella tratta comune (oggi in via Alamanni e piazza Stazione, con una fermata; in futuro fino a viale Strozzi, con tre fermate in tutto); sono però problemi risolvibili, fino a un certo punto, mediante la regolazione centralizzata. Non so se sia necessaria anche una revisione del rapporto economico tra Comune ed Esercente.
La seconda soluzione, certamente non di immediata attuazione, è fisicamente possibile, poiché le banchine di fermata sono lunghe 45 metri e possono quindi accogliere tram più lunghi di quelli attuali. Ricordo che in varie città europee è stato necessario e possibile, grazie alla struttura modulare, allungare tram già in esercizio mediante moduli aggiuntivi.
Ecolò: L’attuale rete tramviaria ha una struttura radiale, con tutte le linee che convergono verso la stazione, con un sovraccarico del nodo di SMN, rimangono tuttora difficili i collegamenti di trasporto pubblico tra alcune zone senza dover obbligatoriamente passare dal centro. Esistono modifiche possibili che potrebbero migliorare il funzionamento della rete? Come vedrebbe la possibilità che alcuni tram bypassassero il centro percorrendo una direttrice viale Strozzi – viale Belfiore fino a Porta al Prato?
GM: Il nodo di SMN è un forte attrattore, anche perché è al bordo del centro storico, e quindi è necessario servirlo direttamente da più direttrici con linee forti. L’attuale struttura radiale, concentrata nel settore NW, avrà una favorevole evoluzione con la realizzazione delle tratte per Bagno a Ripoli e poi per Rovezzano. Purtroppo, pare che non si potrà realizzare un servizio diametrale e sarà necessario cambiare tram a Piazza Libertà, per evitare un’eccessiva sovrapposizione di linee su alcune tratte, ma ritengo che questo aspetto sia un aspetto da approfondire.
Un by-pass Viale Strozzi – Viale Fratelli Rosselli era presente nei progetti originali e ne resta traccia negli scambi, dismessi, all’angolo tra Viale Fratelli Rosselli e via Jacopo da Diacceto. Fu abbandonato in assenza di un valido modello di esercizio e su comprensibili pressioni di Scandicci, che voleva assicurato il collegamento diretto con gli accessi alla stazione SMN e al bordo del centro di Firenze. Potrebbe essere ripreso in considerazione, se venisse giustificato dalla definizione di un modello di esercizio che tenga conto rigorosamente dell’entità e della distribuzione della domanda, nonché della necessità di servire adeguatamente i principali attrattori.
Un’ipotesi di collegamento tranviario ancora più esterno è quello della linea T5 (utilizzante un nuovo tracciato ad andamento tangenziale tra Piazza Dalmazia e Via Foggini), prevista dal Piano strutturale. Anche il ruolo di questa linea andrebbe a mio parere riesaminato in un quadro generale del sistema tranviario.
Ecolò: Questione tram e centro storico. Gli attuali progetti non prevedono più il passaggio del tram dal tracciato SMN-Cerretani-Martelli-Cavour-San Marco: quali sono le conseguenze di questa scelta secondo lei? Per quali motivi nel corso degli anni erano state accantonate anche le alternative di attraversamento del centro (sotterraneo o di superficie) da ovest a est?
GM: Ritengo che le conseguenze siano senz’altro negative, per due ragioni: si è perso il servizio diretto del centro e si è perso un secondo collegamento transitante per i due poli.
Devo dire ancora una volta che non c’è alcuna ragione trasportistica né urbanistica per la cancellazione voluta dalla nuova Amministrazione nel 2009. Anzi, la preservazione del carattere del centro, proteggendolo da involuzioni dovute al turismo e ad iniziative economicamente elitarie, richiede che sia ben servito dal trasporto pubblico. Il secondo collegamento avrebbe anche permesso, sulla tratta SMN – Libertà, di distribuire vantaggiosamente le linee su due itinerari. La ragione è stata meramente politica e, a mio avviso, non nella migliore accezione di questo termine.
Tra Piazza Stazione e Piazza Beccaria ci sono 2 km in linea d’aria e un tale spazio non può essere certamente coperto solo a piedi o con i bussini, tra l’altro con elevatissimo costo specifico di esercizio e con il disagio del cambio. Tra l’altro il tracciato definito nel 2002 non passa per il Duomo, come comunemente si dice, ma passa in Piazza San Giovanni, abbastanza lontano dal Battistero grazie a una breve tratta a binario semplice, per poi svoltare subito, prima del Duomo, in via Martelli. Attorno al Duomo passava un precedente tracciato, abbandonato avendo considerato gravi le difficoltà di inserimento nel tessuto viario.
E la pedonalizzazione non è ragione sufficiente: in Europa abbiamo molti esempi di valida e sicura convivenza tra tram e pedoni in strade interdette alla circolazione di altri veicoli.
Riguardo al sottoattraversamento del centro, penso che vi siano molte ragioni contrarie. Anzitutto il tessuto di edifici storici, senza un ampio corridoio libero, e le caratteristiche del sottosuolo obbligherebbero a un tracciato molto profondo, con fermate di complessa realizzazione e tali da dare tempi lunghi di accesso alle banchine dalla superficie. Inoltre, si tratterebbe di una realizzazione il cui costo non sarebbe giustificato dal limite di capacità imposto in superficie alla linea tranviaria (almeno per questo aspetto, diverso sarebbe stato pensare a una tratta sotterranea comune sulla quale convergessero, ai due lati, più bracci di superficie). Va anche considerato che ai capi della galleria vanno due rampe in trincea, squarci non facili da inserire in strade ai margini del centro, e che quindi la tratta sotterranea dovrebbe essere molto lunga.
Ecolò: Spesso i contrari al passaggio in piazza Duomo hanno sottolineato che il Sirio è un tram di dimensioni notevoli. Il passaggio nel centro storico potrebbe essere reso meno impattante utilizzando convogli più corti?
GM: Il Sirio di Firenze è lungo 32 metri ed oggi le lunghezze tipiche dei tram sono tra i 30 e i 40 metri, necessarie sia a fini di sostenibilità economica, grazie alla riduzione del costo specifico per passeggero trasportato, sia di riduzione, a parità di capacità della linea, della frequenza dei passaggi. Infatti, una frequenza spinta non favorisce la regolarità e genera un impatto ambientale maggiore. Un tram da 35 metri che passa ogni 4 minuti dà meno fastidio visuale e minore riduzione della permeabilità trasversale, che un autobus da 18 metri che passa ogni 2 minuti. Quindi, l’uso di tram da 20-25 metri sarebbe possibile, ma darebbe luogo alle contropartite cui ho accennato.
Ecolò: L’attuale progetto definitivo della linea 3.2 prevede un capolinea in viale Don Minzoni, non direttamente collegato al braccio proveniente da viale Lavagnini che ferma in Piazza della Libertà: come fare ad evitare questa rottura di carico per i passeggeri che provengono da Firenze sud diretti a SMN ma anche verso Careggi o l’aeroporto? [NDR Dalle nuove planimetrie di progetto presentate prima dell’uscita dell’intervista pare che il capolinea sia stato spostato da Viale Don Minzoni a Piazza della Libertà, più vicino ma comunque non coincidente con la fermata della Linea 2]
GM: È un problema cui ho accennato rispondendo alla seconda domanda. Posto che la T2 vada a Piazza San Marco, se non si accetta la sovrapposizione di tre linee sulla tratta Valfonda – Strozzi – Lavagnini, governandone al meglio le conseguenze, la soluzione sta solo nel ripristino del secondo collegamento Stazione – Libertà, attraverso il centro.
Ecolò: Alcuni comitati cittadini hanno mostrato perplessità sulla realizzazione del un nuovo ponte che collegherà via Minghetti all’Albereta. È un’infrastruttura necessaria? Noi abbiamo sempre sostenuto il tram anche perché si basa su una logica semplice ed efficace: togliere spazio alle macchine creando un’alternativa all’uso dell’auto privata, costruire un altro ponte a quattro corsie non va contro questa logica?
GM: Non so dare una risposta netta, perché non ho dati. Osservo solo che in genere la creazione di un buon nuovo sistema di trasporto pubblico riduce il traffico automobilistico del 15-20% (la T1 è uno dei casi particolarmente fortunati). Poiché la sede esclusiva per il tram è fondamentale, basterebbe una coppia di corsie uniche per l’80% del traffico attuale?
Ecolò: La linea 3.2 verso Firenze sud avrà il capolinea a Bagno a Ripoli. Cosa pensa della richiesta di prolungare la linea verso l’ospedale di Ponte a Niccheri?
GM: Anche per questa domanda non ho elementi per dare una risposta fondata. Mi pare che sarebbe necessario un prolungamento di circa 2 km. Occorre uno studio di prefattibilità, che analizzi il modo di realizzare il prolungamento e, stimata la domanda assegnabile, valuti se i costi di realizzazione ed esercizio possono essere giustificati (tenendo ovviamente conto anche dei possibili benefici sociali).
Ecolò: Il sistema tramviario dovrebbe essere sempre più integrato con gli altri mezzi del trasporto pubblico locale: con i bus urbani ed extraurbani, ma anche con la rete ferroviaria presente sul territorio. Cosa manca a Firenze per poter implementare un vero Servizio Ferroviario Metropolitano a servizio della città e dei comuni circostanti?
GM: Manca un’offerta appropriata, basata su un cadenzamento adeguato, quindi su un’infrastruttura in grado di accettare piccoli intervalli tra i treni, sull’apertura di nuove fermate e sull’uso di materiale rotabile adatto ai servizi metropolitani. Mi pare che si stia in uno stato di attesa, legato ai tempi di liberazione dei binari di cintura per effetto della realizzazione della galleria dell’AV.
Non sarebbe male, nel frattempo, fare un rigoroso studio della domanda assegnabile a una rete SFM ottimale, integrata con tranvie e autolinee, per calibrare bene sia gli interventi sugli impianti sia i programmi di esercizio. Un aspetto importante è quello della differenziazione tra servizi metropolitani e servizi regionali, che pongono esigenze diverse, dei quali non è però facile una netta separazione.
È anche importante ridurre le duplicazioni tra autolinee, suburbane e extraurbane, e servizi ferroviari e puntare, dove non ci sono serie controindicazioni, ad autoservizi di adduzione alla ferrovia, a pettine.
Gli ultimi giorni di resistenza contro l’espansione della miniera di carbone in Germania raccontati dal fotografo Michele Borzoni.
Abbiamo intervistato Michele Borzoni, fotografo del collettivo TerraProject, che ha passato gli ultimi otto giorni dell’occupazione della fattoria di Lützerath nel Nordreno Vestfalia.
Ecoló: Ciao Michele, grazie per la disponibilità, per prima cosa ci dici chi sei?
Michele: Sono un fotografo di TerraProject, collettivo fondato nel 2006 da Simone Donati, Pietro Paolini, Rocco Rorandelli e me. Un collettivo di fotografia documentaria. In questi anni ci siamo occupati di raccontare tematiche sociali, ambientali, non prettamente ecologiste, ci siamo interessati al paesaggio, soprattutto italiano, e a storie legate all’attualità.
Ecoló: La scorsa settimana sei andato in Germania come mai?
Michele: Insieme a Rocco Rorandelli, con cui lavoro nel collettivo, abbiamo cominciato a immaginare un nuovo progetto a lungo termine sull’attivismo ambientale più radicale. Quindi abbiamo cominciato a seguire, per esempio, i movimenti e le azioni di disobbedienza civile di Ultima Generazione, che in questi ultimi mesi stanno agendo in Italia. Rocco era già stato in Germania l’anno scorso per conto di una rivista svizzera per raccontare l’espansione di miniere di carbone nella Germania occidentale. Seguendo quella storia, e le notizie che venivano da Lützerath, abbiamo capito che all’inizio di gennaio avrebbero sgomberato il villaggio. Non sapevamo esattamente quando, ma avevamo capito che sarebbe successo i primi di gennaio. Quindi ho deciso di andare e di raccontare quest’ultimo pezzo di disobbedienza civile che rappresenta un’esperienza molto forte del movimento ecologista europeo.
Ecoló: Che cos’è Lützerath?
Michele: Lützerath era una vecchia fattoria, occupata, con il consenso del proprietario, costretto a vendere la sua proprietà alla compagnia energetica tedesca RWE che ha espropriato questo terreno. Da due anni e mezzo questo gruppo di attivisti, molto numerosi, molto giovani, aveva occupato la fattoria per evitare che la miniera di carbone si espandesse in quella direzione.
Ecoló: Quando sei arrivato che situazione hai trovato?
Quando sono arrivato erano gli ultimi giorni dell’occupazione di questa fattoria, c’erano 400-500 persone dentro, quasi tutti giovanissimi. Erano giorni che costruivano barricate per fortificare gli ingressi al villaggio. Erano barricate vere. Utilizzavano qualsiasi cosa trovassero per costruire trincee e muri con lo scopo di evitare che la polizia entrasse dentro a sgomberarli.
Ecoló: Chi sono gli occupanti?
Quando entro vedo una generazione di giovanissimi di 18 -20 anni, tutti incappucciati, col volto coperto, che costruiscono barricate. Ho pensato di trovarmi in un contesto anarchico insurrezionalista di estrema sinistra, molto simile a situazioni complicate viste in Italia. Dopo poco che ho cominciato a fotografarli mi sono reso conto che non era esattamente così. C’era sicuramente una parte proveniente dai movimenti di sinistra e centri sociali di tutta la Germania, ma anche un buon numero dai gruppi ambientalisti, era un’unione di questi due mondi.
Ecoló: che tipo di accoglienza hai ricevuto?
Michele: Sono stato accolto bene, erano apertissimi alla stampa, molto diversamente dal movimento dei black bloc. Molto accoglienti sia nella comunità stessa, sia nei confronti della stampa. Questa cosa mi ha molto impressionato. Pensavo di trovarmi in un ambiente molto difficile da fotografare; non è stato così. Molti di loro, comprensibilmente, non volevano essere riconosciuti in volto perciò si coprivano, per altri non era un problema nemmeno essere riconosciuti. Quello che mi ha colpito era il desiderio di volersi raccontare, e spiegare quello che stava succedendo, che era una battaglia, una vera battaglia, per far sopravvivere questo pezzo di terra, per evitare che la miniera si espandesse. Una battaglia condotta in una forma non violenta.
Ecoló: Hai parlato di barricate, realmente si trattava di battaglia non-violenta?
Michele: Sì, questo ci tengo a dirlo. Qualche giornale in Italia ha parlato di scontri, non è la verità. Era un gruppo molto arrabbiato, molto resistente, che ha fatto fino all’ultimo disobbedienza civile non violenta per resistere.
Ecoló: Eri presente quando è avvenuto lo sgombero?
Michele: In un modo del tutto inaspettato la stampa era libera di raccontare tutto quello che succedeva. C’era un servizio della polizia che accompagnava i giornalisti nel villaggio, faceva loro fare tutto quello che volevano, quindi ho potuto assistere allo sgombero.
Sono stati richiamati migliaia di poliziotti da tutta la Germania per lo sgombero che è avvenuto per lo più in modo non violento. La violenza c’è stata nella manifestazione del 14 gennaio, una manifestazione aperta, quando Lützerath era già persa. Son arrivate 30 mila persone che hanno cercato di entrare simbolicamente dentro Lützerath che ovviamente non sono riuscite a causa della massiccia presenza delle forze dell’ordine.
È qui che ci sono state cariche della polizia verso manifestanti non violenti che cercavano di rientrare nella fattoria. E’ rimasta una manifestazione non violenta ma le persone cercavano, passo dopo passo, di sfondare i cordoni a protezione di Lützerath.
Ecoló: ti ha colpito che la manifestazione non sia degenearata?
Michele: Sì, mi ha colpito la non violenza perché penso che in Italia dopo 10 minuti sarebbe successo il finimondo. Per la maggior parte degli attivisti l’atteggiamento non era ostile nei confronti della polizia. L’obiettivo non era sconfiggere la polizia, ma evitare che il villaggio fosse evacuato. L’obiettivo era: resistere all’espansione della miniera. Un atteggiamento piuttosto diverso rispetto a quello che ho visto in esperienza radicali in Italia, dove le forze dell’ordine diventano esse stesse l’antagonista.
Ecoló: pensi che sia un tratto distintivo dei movimenti ecologisti?
Michele: Non lo so, in Germania c’è un grande rispetto, in generale. E quindi nonostante ci fosse un conflitto c’era comunque rispetto, a parte nella manifestazione finale che è finita male, con le cariche della polizia sui manifestanti fermi che avanzavano un passo alla volta. Nessuno lanciava niente, Solo mota, non sassi, ma mota, mele e gavettoni.
Ecoló: Hai colto risentimento verso i Verdi tedeschi che, dopo tutto, sono parte del governo e potrebbero fare di più per evitare che si continui a usare carbone?
Michele: C’erano dei cartelli, striscioni contro i Verdi, che evidentemente avevano tradito la causa, questo sì, però devo dire non mi sono soffermato troppo a discutere le scelte politiche. Nei giorni in cui ero io lì, quello che ho avvertito è che l’unica impellente urgenza era quella che la polizia non prendesse quel luogo, non interessava niente di altro. Loro insegnavano alla gente delle tecniche di resistenza civile. Facevano dei workshop riguardo a come rendere complicato essere sgomberati, resistendo in modo non violento.
Ecoló: Per riuscire a tenere sotto controllo una situazione del genere c’era un’organizzazione verticizzata?
Michele: Sicuramente non era una situazione improvvisata. C’erano assemblee, era tutto ben organizzato. Però devo dire che a me l’organizzazione sembrava molto orizzontale, anche se devo dire che, soprattutto per via della lingua, non avevo gli strumenti per capire esattamente tutto quello che succedeva. Probabilmente occorre anche seguire il movimento più a lungo per capirne sia le radici, ma anche come andrà, come continuerà, perché non è finita. Perché la battaglia è persa ma non è finita, il movimento di Lützerath non andrà perso.
La rete tranviaria fiorentina, che sarà completata con il prolungamento verso Bagno a Ripoli e con la linea 4 per le Piagge, esclude la zona sud di Firenze e lascia irrisolto il problema del traffico proveniente dal Chianti (comprese le circa 25mila vetture che ogni giorno arrivano dalla Firenze-Siena).
Sarebbe importante in questa fase discutere della fattibilità di un collegamento tramviario in direzione Chianti. Dare ai fiorentini un’alternativa all’auto è una priorità assoluta se vogliamo, nel giro di pochi anni, abbattere sostanzialmente l’impatto ambientale della nostra comunità.
Allo stesso tempo è importante valutare attentamente quali sarebbero i costi ambientali ed economici dell’opera.
In realtà la Tramvia del Chianti è già esistita, in esercizio dal 1890 al 1935, aveva due capolinea a Firenze, piazza Beccaria e Porta Romana. Sul Poggio Imperiale la linea da piazza Beccaria si si ricongiungeva con il troncone proveniente dal capolinea di Porta Romana. Proseguiva poi per via del Gelsomino – creata appositamente -, le Due Strade, il Galluzzo e Bottai (sotto la Certosa), Tavarnuzze, Falciani. A Falciani si biforcava: a destra il convoglio iniziava la salita per giungere a San Casciano, dove si trovava uno dei due capolinea di arrivo; a sinistra continuava per il Ferrone e il passo dei Pecorai fino a Greve, l’altro capolinea.
Anche all’epoca la costruzione della linea fu preceduta da accese polemiche politiche. Si trattava infatti di un intervento importante, che prevedeva costi significativi e impatti sul territorio non trascurabili.
Famosa la polemica dell’architetto Poggi, ideatore del viale dei Colli. A suo avviso il passaggio della tramvia avrebbe rovinato l’estetica del viale. Tuttavia il favore delle comunità di Greve e San Casciano, e soprattutto l’intervento dell’allora deputato Sidney Sonnino, orientarono la provincia di Firenze alla definitiva approvazione del progetto.
Nel 1917 la Sita avviò un servizio di collegamento motorizzato tra Firenze, Siena e Volterra, con fermate intermedie presso San Casciano. Nei primi anni ’30 la sua concorrenza era ormai insostenibile per costi e tempi di percorrenza. La società di gestione della Tramvia del Chianti fallì e il servizio fu definitivamente soppresso nel 1935.
Nel 2015 uno studio di fattibilità ha rielaborato quella tratta in chiave moderna per valutarne la fattibilità. Il progetto assomiglia molto alla vecchia linea in funzione all’inizio del secolo scorso. La linea avrebbe la funzione di collegare il Galluzzo con il centro di Firenze passando anche dall’ingresso sulla Firenze-Siena e dall’uscita Grassina della A1.
La linea ipotizzata nello studio realizzato dallo studio Aleph prevedeva un solo binario nel tratto finale fra le Due strade e Tavarnuzze e il capolinea in via Paolo Uccello, dove si congiungerebbe alla linea 1 proveniente da Scandicci.
Nel corso della discussione, poco conosciuta al pubblico, che seguì la presentazione del progetto emersero alcune criticità. La prima riguarda il binario unico, che tende ad essere una soluzione poco apprezzata dai collaudatori di linee tramviarie. Altri due importanti interrogativi riguardano la possibilità di non dover sostituire l’alberatura di viale Aleardi e la gestibilità del capolinea alla fermata Paolo Uccello per la quale potrebbe non essere sufficiente lo spazio disponibile.
Al netto di tali difficoltà, la necessità di collegare il Chianti con Firenze, con mezzi che non siano le auto, appare sempre più necessaria. Si tratta di un dibattito interessante e soprattutto urgente che andrebbe sicuramente ripreso nella prossima consiliatura.
Tra le alternative, si potrebbe valutare la possibilità di non avere il capolinea al sud dell’Arno ma di congiungere a Porta al Prato la linea del Chianti con la linea proveniente dalle Piagge.
Senza voler ignorare le questioni tecniche, la volontà di Ecolo’ è sicuramente quella di far tornare questi temi centrali nella progettazione politica circa il futuro della città.”
Le foto del progetto sono gentile concessione di AMToscana, Stefano Ginanneschi.