Cosa (non) sta succedendo alla politica agricola europea? E perché occorre mobilitarsi

La politica agricola comune europea, la PAC, è stata per molto tempo la politica cardine del bilancio europeo. Alla fine degli anni ’70 la PAC assorbiva oltre il 75% della spesa complessiva dell’allora Comunità Economica Europea. Anche se la gran parte dei cittadini dell’Unione non lo sa, ancora oggi i sussidi al settore agricolo rappresentano oltre un terzo del budget europeo.

La PAC è spesso usata ad esempio di come l’intervento pubblico possa essere distruttivo. Partendo da obiettivi sacrosanti: garantire cibo a sufficienza per tutti gli europei, un reddito dignitoso agli agricoltori e prevenire eccessive fluttuazioni di prezzi sui mercati dei beni agricoli, la PAC si è distinta per meccanismi di funzionamento estremamente dannosi per l’ecosistema.

Alle origini, negli anni ’60 e ’70, i trasferimenti erano erogati attraverso un meccanismo che teneva i prezzi dei prodotti agricoli artificialmente elevati. Un’agenzia acquistava a un prezzo minimo quantità illimitata di beni garantendo ai produttori prezzi superiori a quelli di mercato. L’effetto di questo meccanismo fu una corsa al sovra-sfruttamento delle risorse ed enormi quantità di prodotti agricoli invenduti finiti in discarica. Fra i danni procurati dalla PAC si annoverano l’epidemia da “mucca pazza” e la distruzione di interi ecosistemi per lasciar posto a coltivazioni intensive. Inoltre i profitti aumentarono, ma l’incremento fu proporzionale alle quantità prodotte. Ai piccoli produttori andarono le briciole, il grosso dei profitti venne spartito fra multinazionali e mega imprese del settore.

I meccanismi di finanziamento della PAC sono stati profondamente criticati e in seguito modificati. A partire dai primi anni 2000 il grosso passo avanti è consistito nello svincolare i sussidi dalle quantità prodotte. Riducendo l’incentivo alla sovrapproduzione e ripartendo in modo più equo i trasferimenti fra gli operatori del settore.

Come è cambiata la spesa per la PAC dai primi anni ’80. Fonte: Commissione Europea.

Nel 2018, a 15 anni di distanza da quelle riforme, la Commissione Junker ha sentito il dovere di aggiornare il quadro normativo della PAC proponendo alcune modifiche che tengono tiepidamente conto dei cambiamenti nei mercati agricoli e dell’emergente crisi climatica.

Come spiega Elisa Meloni di Volt Italia, oggi, anche se sono passati solo due anni, quella proposta non può che essere considerata datata.  “[Dalla proposta Junker] molte cose sono cambiate: si è insediata una nuova Commissione presieduta da Ursula Von Der Leyen, che ha adottato il Green Deal Europeo e, al suo interno, le strategie per la Biodiversità e Dalla fattoria alla tavola (“from farm to fork”), che ad esempio prevedono entro il 2030 una drastica riduzione degli agenti chimici in agricoltura […], almeno il 25% della superficie agricola destinata all’agricoltura biologica e almeno il 10 % ad elementi caratteristici del paesaggio con elevata diversità. In questo contesto, la proposta di riforma della PAC si è rivelata ancora più obsoleta e inadeguata rispetto al livello di ambizione ambientale e climatica professato per il continente, tant’è che lo scorso maggio la Commissione si è affrettata a pubblicare un documento in cui spiegava come rendere la PAC compatibile col Green Deal.”

In questi giorni la proposta della Commissione ha affrontato i passaggi nel Consiglio e nel Parlamento europeo. Ci si attendeva che il testo fosse emendato trasformando i sussidi a pioggia in sussidi condizionati a standard di sostenibilità, escludendo dai trasferimenti le attività dal forte impatto ambientale. Invece il Consiglio europeo e il Parlamento hanno approvato una proposta legislativa addirittura peggiorativa rispetto a quella della Commissione Junker.

Questo atteggiamento fortemente conservatore ha sollevato reazioni da più parti: “Senza cambiare agricoltura non si combatte il collasso climatico” ha dichiarato Annalisa Corrado co-portavoce di Green Italia. “Non si può annunciare un fantasmagorico e strabiliante Green New Deal senza cambiare profondamente lo strumento principe che indirizza i comportamenti e gli investimenti nel settore. Perché il cibo buono e sano per la salute e per i territori arrivi sulle tavole di tutti, è necessario chiudere le porte ad agricoltura ed allevamenti intensivi e cibi ultraprocessati.”

La transizione verso una PAC sostenibile non è d’altra parte urgente solo per garantirci cibo di migliore qualità e minor impatto.  Come ha fatto notare Mauro Romanelli di Ecolobby: “La PAC approvata recentemente al Parlamento europeo, ha perduto l’occasione per incrementare il sostegno a quelle forme di agricoltura e allevamento, meno competitivi nell’immediato, ma preziosissimi per la preservazione di varietà più rare, e quindi della biodiversità.

Il tracollo della ricchezza genetica è uno degli effetti meno evidenti e meno immediati per il grande pubblico dell’agricoltura e dell’allevamento intensivi, ma è anche uno dei più drammatici.

Anche su questo il lavoro per mettere una pezza alle brutte scelte che sono state prese dovrà essere duro e intransigente.”

Per questi motivi la senatrice Rossella Muroni si è rivolta con una lettera aperta alla ministra Bellanova, che con i suoi omologhi ha approvato nel Consiglio europeo dei ministri dell’agricoltura un testo peggiorativo della proposta iniziale di riforma: “lo dico sinceramente: grazie di niente! La nuova politica agricola comunitaria delude e preoccupa perché somiglia sempre meno a quella che aveva disegnato la Commissione europea e sposta il baricentro a vantaggio di un modello agricolo intensivo e ad alto impatto ambientale.” 

Secondo Alberto Bencistà, presidente di FirenzeBio, la partita non è persa irrimediabilmente “abbiamo un’ultima occasione perché l’approvazione definitiva dipenderà dall’intesa che sarà raggiunta in sede di “trilogo “ ( Commissione, Parlamento, Consiglio ) che si riunirà nelle prossime settimane e che dovrà sentire la pressione delle cittadine e dei cittadini europei affinché sia ritirato il testo approvato dal Parlamento in quanto in aperto conflitto con il New Green Deal : una contraddizione che L’Europa non può permettersi.

Ecoló si unisce al fronte di chi chiede una PAC diversa. Cosa possiamo fare per far sentire la nostra voce?

In questi giorni è stata pubblicata una lettera, di cui sono primi firmatari Bas Eickhout, vicepresidente della commissione ambiente del Parlamento europeo, e Ska Keller co-portavoce dei Verdi Europei, indirizzata alla presidente della Commissione Von der Leyen che la invita a ritirare la proposta di riforma. “È venuto il momento di ritirare la proposta di riforma della PAC della commissione, debole e datata, e di presentarne una nuova, in linea con il Green Deal europeo”.

Attraverso il portale www.greens-efa.eu/dossier/ritiri-questa-cap/ è possibile scrivere alla Von der Leyen aderendo all’appello lanciato dai Verdi Europei.

Ecologia Wild Life

Data di pubblicazione: 1 Novembre 2020

Autore: Redazione

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