L’emergere di una pandemia che colpisce le vie respiratorie comporta una significativa richiesta di maschere protettive. I numeri attuali, dovuti all’emergenza sanitaria 2020, dicono che con l’inizio dell’anno scolastico l’utilizzo di mascherine monouso aumenterà fino a 10 milioni al giorno solo per la scuola e le attività collegate, si tratta quindi di 2 miliardi di unità ogni anno!
Sono numeri impressionanti, sia per la produzione di mascherine necessarie, sia per il loro impatto a fine vita. Sono classificate infatti come rifiuto indifferenziato che andrà in discarica o sarà incenerito. Ma molte mascherine saranno semplicemente abbandonate nell’ambiente: incrociando i dati dell’Ispra e diffusi da Legambiente si stima addirittura che in Italia vengano gettate a terra circa 330mila mascherine al giorno.
Da molte parti si levano proteste e richieste di poter utilizzare mascherine lavabili e riutilizzabili invece che usa e getta (Zero Waste Italy e altre associazioni invitano alla mobilitazione il prossimo 30 e 31 ottobre).
La situazione è sicuramente non semplice, ma riteniamo che la politica davanti a questi numeri debba farsi carico, sulla base delle evidenze scientifiche, di valutare le soluzione migliori su un piano sanitario senza trascurare gli aspetti ambientali devastanti che possono comportare.
Perché dobbiamo utilizzare mascherine usa-e-getta?
La mascherina è un presidio fondamentale. È assodata l’importanza di utilizzare mascherine di contenimento per ridurre la probabilità di propagazione dell’infezione da SARS-CoV-2, soprattutto in ambienti chiusi e dove non è possibile mantenere distanze fisiche adeguate. Ciò vale anche per le scuole e, secondo le disposizioni ministeriali vige quindi l’obbligo di mascherina dalle elementari in su, con indirizzo da parte del Comitato Tecnico Scientifico verso l’utilizzo di maschere monouso.
Le mascherine accettate sono quindi quelle chirurgiche. Sono pensate per essere utilizzate in ambiente ospedaliero e in luoghi ove si presti assistenza a pazienti.
Le mascherine chirurgiche devono essere prodotte nel rispetto della norma tecnica UNI EN 14683:2019, che prevede caratteristiche e metodi di prova; possono essere realizzate con uno o più strati sovrapposti di tessuto-non-tessuto (TNT) sviluppati con varie tecnologie. I materiali sono principalmente polipropilene e poliestere, anche se non si esclude la possibilità di utilizzare altri materiali polimerici.
Perché non usiamo le mascherine “di comunità”? Molte persone hanno deciso di utilizzare maschere di stoffa durante la pandemia. Tuttavia, a livello scientifico c’è una conoscenza limitata sulle prestazioni dei tessuti comunemente disponibili e utilizzati per le maschere di stoffa, chiamate anche di comunità.
La valutazione dell’efficacia di una mascherina dipende dalle dimensioni del particolato aerosol nell’intervallo da 10 nm a 10 μm, particolarmente rilevante per trasmissione del virus. L’articolo “Aerosol Filtration Efficiency of Common Fabrics Used in Respiratory Cloth Masks” del U.S. Department of Energy ha effettuato uno studio su diversi tessuti comuni e facilmente disponibili tra cui cotone, seta, chiffon, flanella, vari sintetici e la loro combinazione. I risultati indicano che le efficienze di filtrazione variano dal 5% all’80% per particelle minori di 300nm, e dal 5% al 95% per particelle maggiori, queste però migliorano quando sono stati utilizzati più livelli e quando si utilizza una combinazione specifica di diversi tessuti. L’efficienza di filtrazione degli ibridi (come cotone-seta, cotone-chiffon, cotone-flanella) è risultata essere >80%, per particelle <300 nm e >90%, per particelle >300 nm. Si ipotizza che le prestazioni migliorate degli ibridi siano probabilmente dovute all’effetto combinato di filtrazione meccanica ed elettrostatica. Il cotone, materiale più utilizzato per le maschere di stoffa, offre prestazioni migliori a densità di trama più elevate (ad esempio, numero di fili) e può fare una differenza significativa nell’efficienza di filtrazione.
A giudicare da questi risultati, sembra quindi possibile stabilire differenti combinazioni in grado di fornire una protezione significativa contro la trasmissione anche utilizzando mascherine lavabili di stoffa. Allo stesso tempo, occorre chiedersi quale sia la capacità di mantenere efficacia in funzione del numero e modalità di lavaggio.
Manca quindi uno standard per le mascherine riutilizzabili? A dire il vero non sembra essere questo il problema. Se infatti le combinazioni di strati in tessuto possono essere diverse e di difficile valutazione, così come il loro lavaggio, sono già presenti sul mercato mascherine riutilizzabili in stoffa certificate secondo lo stesso standard UNI EN 14683:2019 valido per le mascherine chirurgiche. Fino ad un certo numero di lavaggi la loro capacità di filtrazione è quindi identica a quella delle mascherine usa-e-getta.
Il limite potrebbe essere allora la capacità produttiva? Considerando i numeri di mascherine in gioco potremmo pensare che la capacità produttiva per mascherine riutilizzabili, certificate secondo lo standard richiesto, non sia attualmente sufficiente a coprire la domanda. Immaginiamo che per garantire la certificabilità del prodotto sia necessario un certo sforzo da parte delle aziende, ma questo ci sembra un limite superabile con una buona capacità di programmazione e coinvolgimento del mondo produttivo da parte della politica.
Il problema del controllo. A nostro avviso il limite principale è nella capacità di controllo. Difatti, avere uno standard che stabilisca, non solo le caratteristiche tecniche, ma anche frequenza e modalità di lavaggio, necessita anche che questo sia rispettato, ma a chi spetta controllare? Non possiamo pensare che siano le scuole, così come le aziende, già oberate da moltissime incombenze anti-COVID, a dover fare anche questi controlli. Ma è importante chiarire che questa criticità vale per le mascherine lavabili ma allo stesso modo per quelle usa-e-getta: chi garantisce che il bambino a scuola o il dipendente non stia usando la stessa mascherina per troppo tempo? Per questo motivo non crediamo che questo argomento possa essere quello decisivo.
Qual è l’impatto ambientale delle mascherine lavabili? L’impatto ecologico delle mascherine lavabili non è zero. Anche se ci è molto caro il concetto di riutilizzo sarà necessaria un’attenta valutazione del materiale utlizzato e del numero di lavaggi ammissibili. Non conosciamo studi specifici sulle mascherine ma, come dimostrato per le borse utilizzate per lo shopping da uno studio dell’Agenzia del Regno Unito per l’Ambiente del 2011, l’impatto di un oggetto riutilizzabile può essere uguale o superiore a quello di uno usa-e-getta. Lo studio dell’Agenzia britannica confrontò il costo in termini di emissioni di CO2eq di vari tipi di sacchetti comunemente usati per la spesa mostrando che, affinché fosse minore l’impatto di una busta riutilizzabile in polipropilene riciclato rispetto a un comune sacchetto di plastica usa-e-getta, era necessario che venisse utilizzata almeno 11 volte. Ancora superiore l’impatto delle shopper in cotone per le quali servono oltre 100 utilizzi perché nel ciclo di vita producano minori emissioni di un sacchetto di plastica.
Basta usa-e-getta quindi? Il problema dei miliardi di mascherine che produrremo nei prossimi mesi non si risolve semplicemente permettendo l’utilizzo di mascherine lavabili. La risposta a situazioni di questo tipo non può venire che da un insieme di soluzioni e, soprattutto, da una serie di azioni che riducano il rischio di contagio ma limitino al contempo il più possibile l’impatto sull’ambiente.
Azioni che comportano condivisione, responsabilizzazione, educazione e formazione. Rafforzare il patto educativo di corresponsabilità scuola-famiglia, informare sull’impatto di ciò che si utilizza, coinvolgere maggiormente il dipendente in azienda nella valutazione delle soluzioni, fornire istruzioni precise sulle modalità di produzione, recupero e riutilizzo delle mascherine. Questo insieme di strategie sono il primo passo per poter gestire soluzioni che integrino la tutela della salute e il rispetto dell’ambiente.
Foto di copertina: www.flickr.com/photos/olgierd-cc/
Enrico Buonincontro è un animatore di comunità, a iniziare da quella degli studenti della sede fiorentina della New York University, dove lavora, fino ad arrivare al gruppo Parco Stibbert degli Angeli del Bello che ha contribuito a fondare. Sabato 10 ottobre ci si può unire a lui e a tanti altri per una giornata nei boschi del Sestaione e della Val di Luce per la prima edizione di “Thrashed Abetone”.
Ecoló: Ciao Enrico, ci racconti cos’è Thrashed Abetone?
Enrico Buonincontro: Thrashed Abetone è una giornata di volontariato aperta a tutti! L’evento prevede la raccolta di piccoli rifiuti abbandonati dai turisti lungo i sentieri di Abetone, della Val Sestaione e della Val di Luce durante il periodo estivo.
Thrashed Abetone sarà organizzato in collaborazione con Thrashed Dolomites che si è tenuto per la prima volta quest anno in Val di Fassa su iniziativa di un gruppo di giovani amanti della montagna che hanno deciso di dare un segnale importante per la difesa dell’ambiente. L’obiettivo è sensibilizzare le persone e creare in tutta Italia una rete di cittadini responsabili, soprattutto giovani. È un progetto che vuole restituire la speranza in un momento così drammatico come quello che stiamo affrontando; è un progetto nato dai giovani ed è anzitutto per i giovani, che saranno il futuro dell’Italia e delle nostre montagne.
Ecoló: Abbiamo letto che i promotori di Thrashed Dolomites in agosto hanno raccolto 600 litri di immondizia intorno al Sella. Cosa ti aspetti per sabato?
EB: L’importante non è quanto raccoglieremo, ma il fatto che la nostra comunità e tante altre persone che amano la montagna si ritroveranno insieme con lo stesso obiettivo: dare un segnale forte in difesa dell’ambiente. Il concetto fondamentale non è raccogliere, ma sensibilizzare.
Ecoló: La giornata mette insieme volontariato ed escursionismo come si riescono a tenere insieme questi due aspetti?
EB: Credo che sia del tutto naturale. Chi ama veramente la montagna non può tollerare che l’ambiente naturale sia trattato senza rispetto. Il desiderio di fare qualcosa nasce spontaneo. Il merito di Thrashed Abetone è di dare voce agli amanti della montagna e di fornire loro gli strumenti per entrare in azione!
Ecoló: Come per gli Angeli del bello a Firenze qualcuno storce il naso davanti a queste iniziative. Una critica che si sente è che in questo modo si deresponsabilizzano le istituzioni che sarebbero preposte a svolgere questi servizi. Cosa rispondente a questa critica?
EB: Capisco il punto di vista di chi avanza simili obiezioni, ma vorrei dimostrare che si realizza proprio l’opposto! Anzitutto, tutti noi, come cittadini, abbiamo una responsabilità nei confronti dell’ambiente e dei beni comuni in generale. Durante tutti questi anni, ho osservato che grazie a iniziative come Thrashed Dolomites (e Thrashed Abetone) si responsabilizzano sia le istituzioni, che i cittadini. Il pubblico non viene sostituito dal privato. L’impegno dei cittadini si accompagna alla volontà di collaborare con le istituzioni e di richiamarle ai propri doveri: i cittadini diventano soggetti partecipi e propositivi, in grado di offrire alle istituzioni conoscenze, risorse e soluzioni; le istituzioni trovano così, nei cittadini, alleati disposti a collaborare per la cura dei beni comuni.
Ecoló: La politica parla spesso della costa toscana e delle zone agricole, la nostra montagna invece rimane il più delle volte tagliata fuori dai progetti di sviluppo regionali. Qual è lo stato di salute del nostro Appennino?
EB: L’Appennino rappresenta un patrimonio inestimabile dal punto di vista ambientale, culturale e sociale. La nostra montagna ha bisogno di progetti concreti, in grado di esprimere una visione di lungo periodo. Non mi riferisco solo alla carenza cronica dei servizi essenziali (viabilità, trasporti e assistenza sanitaria su tutti), ma anche e soprattutto a progetti di sviluppo capaci di generare opportunità e posti di lavoro. Il tutto, naturalmente, all’insegna della sostenibilità e del rispetto dell’ambiente. Ci vogliono amministratori capaci di leggere la complessità della realtà attuale e di tradurla in forme di sviluppo concrete e sostenibili.
Anche i cittadini, però, devono dare il loro contributo. Per questo, un progetto come Thrashed Abetone può dare impulso a energie positive e aiutare i cittadini della montagna a riscoprire uno spirito di coesione.
Ecoló: Noi siamo convinti che la montagna toscana dovrebbe puntare su un futuro più sostenibile e non su nuovi impianti di risalita come quello progettato fra la Doganaccia e lo Scaffaiolo. Di cosa ha bisogno secondo te la Montagna Pistoiese oggi?
EB: Quest’estate ho iniziato un viaggio a piedi lungo i sentieri della Montagna Pistoiese. Mi sono spinto fino a Pàvana, la frazione di Sambuca Pistoiese dove vive Francesco Guccini. Ho deciso di fare questo viaggio per scoprire in modo autentico il territorio. Camminare mi ha permesso di entrare in contatto con le persone e di visitare luoghi che non avrei altrimenti scoperto. Uno dei percorsi più belli – e che mi sento di consigliare a tutti – è il Cammino di San Bartolomeo, una via pedonale che unisce Fiumalbo a Pistoia in cinque tappe. La Montagna Pistoiese è il crocevia di numerosi cammini e percorsi di più giorni: ad Abetone fanno tappa la Grande Escursione Appenninica, l’Alta Via dei Parchi (nella valle del Sestaione si attraversa la più bella foresta che si incontra sull’intero percorso dell’Alta Via) e adesso anche il Sentiero Italia del CAI; a Cutigliano si intersecano il già menzionato Cammino di San Bartolomeo e la Romea Strata Nonantolana-Longobarda. Un’altra esperienza da vivere è il grande museo diffuso che permette di conoscere la montagna attraverso il rapporto tra uomo e ambiente nei secoli: l’Ecomuseo della Montagna Pistoiese.
Il futuro della nostra montagna passa dalla valorizzazione di simili esperienze e, soprattutto, dalla destagionalizzazione. L’inverno è importantissimo dal punto di vista turistico, ma non ci possiamo più limitare a una sola stagione, con l’aggiunta di poche settimane in estate. Destagionalizzare – e quindi diversificare – è l’obiettivo essenziale per un turismo più sostenibile. La primavera e l’autunno sono due stagioni bellissime per scoprire il nostro territorio. Molti imprenditori del settore turistico e alberghiero, soprattutto giovani, l’hanno capito. Li dobbiamo sostenere.
Ecoló: Prima di salutarci ci spieghi come è possibile partecipare a Thrashed Abetone?
EB: Sabato 10 ottobre la giornata di raccolta inizierà ufficialmente alle 9:00 presso lo stand di “Thrashed Dolomites” che sarà collocato sulla terrazza panoramica del centralissimo piazzale Europa (meglio conosciuto come piazzale delle Piramidi) ad Abetone, nei pressi della scritta “Abetone 100” (orario 9:00-16:00, per informazioni: Enrico 3286249393, @locanda_farinati_abetone).
Un altro stand di “Thrashed Abetone” sarà allestito dalla Pro Loco di Pian degli Ontani (in collaborazione con il Gruppo Alpini “Aldo Pagliai” Cutigliano) a Pian di Novello, presso il parcheggio della Pianaccina (orario 9-16; per informazioni: 3663507854).
In Val di Luce, grazie al sostegno di Val di Luce Spa, sarà organizzato un altro evento di “Thrashed Abetone”, con la partecipazione dei dipendenti della società, dei cittadini e di quanti vorranno dare il proprio aiuto (per informazioni consultare la pagina Facebook Info Val di Luce).
Non è necessario iscriversi! Basta passare da uno degli stand di “Thrashed Abetone” per avere tutte le informazioni e per ritirare gratuitamente il materiale necessario per la raccolta. Saranno distribuiti sacchetti e guanti monouso a tutti i partecipanti: cittadini abetonesi, escursionisti e amanti della montagna. Ognuno cercherà i rifiuti autonomamente o in gruppo lungo i sentieri di Abetone, della Val Sestaione e della Val di Luce. Saranno anche organizzati due percorsi guidati che partiranno alle 10:00 dallo stand di Abetone.
“Thrashed Abetone” terminerà intorno alle 16:00, quando tutti i partecipanti avranno riportato i sacchetti pieni allo stand di “Thrashed Dolomites” presso il piazzale Europa di Abetone. I rifiuti raccolti saranno quindi differenziati. Perché non basta raccogliere, è necessario anche educare al recupero di quanto non serve più.
Ecoló: Grazie del tuo tempo Enrico e buona raccolta!
Tommaso Grassi, già consigliere comunale a Firenze per due consiliature, storico attivista ecologista fiorentino si candida nella lista “Toscana a Sinistra” nella circoscrizione di Firenze.
1. la prima cosa che farai il giorno dopo le elezioni, se sarai eletto consigliere
Sarò poco rock, ma prenderei le leggi principali della Toscana e inizierei ad ipotizzare proposte di modifica avendo 3 punti di riferimento: politiche per l’ambiente, riconoscimento pieno di diritti e lotta alle disuguaglianze. Si riparte da qui per 5 anni di battaglie sui temi e sui contenuti, per approvare leggi e modifiche cercando di convincere sulle idee e non con il peso del numero degli eletti.
2. la prima cosa che farai il giorno dopo le elezioni, se non sarai eletto consigliere
Se non eletto personalmente, dal punto di vista politico darò una mano a chi verrà eletto; in caso di non elezione della lista, sui territori continueremo a organizzare iniziative e occasioni di riflessione e diffusione delle idee che sono contenute nel nostro programma, ben sapendo che la politica non si fa solo dentro le istituzioni, ma anche in strade e piazze, sui territori dove la gente vive e lavora. Professionalmente proseguirò la bella esperienza che da un anno mi vede dipendente di un piccolo Comune del pratese, dove mi occupo di patrimonio, mobilità, lavori pubblici, protezione civile e sport, e dove potrò dare il mio contributo di idee.
3. se tu dovessi scegliere una battaglia da fare nel corso della prossima legislatura, una sola, su cosa ti concentreresti?
Non ci sono battaglie capaci, in un solo atto, di riassumere tutti i temi del programma e di ciò che merita attenzione, ma certo che il tema ambientale e la battaglia per un piano di riconversione ecologica del mondo toscano che possa unire ambiente, diritti, lavoro ed economia la sento come la vera sfida in grado di permetterci di chiudere con opere inutili e ridurre l’inquinamento, mettere in sicurezza il nostro territorio fragile e creare posti di lavoro, riconvertendo la produzione di siti importanti del nostro territorio.
4. di cosa avrebbe bisogno davvero la Toscana nei prossimi 5 anni?
Di Politica. Di Consigliere e Consiglieri che abbiano a cuore la Regione e ogni angolo del territorio. Che siano disponibili 24 ore su 24 ad ascoltare i bisogni e nelle istituzioni sappiano trovare soluzioni condivise.
5. qual è l’intervento più urgente che necessita la regione Toscana nella gestione dell’ambiente?
Messa in sicurezza del territorio dal punto di vista idrogeologico e sismico, e contestualmente la diffusione su edifici da adeguare e nei territori fragili della diffusione delle energie rinnovabili su proprietà pubblica, come incentivo all’installazione e diffusione di fonti di energia rinnovabili da parte di privati.
6. Giani: un pregio e un difetto
Grande conoscitore della storia fiorentina e della Toscana – pregio
Mancanza di un piano organico programmatico – difetto
7. Fattori: un pregio e un difetto
Sa ascoltare e non nasconde come la pensa – pregio
Ha un pessimo rapporto col cellulare – difetto
8. Secondo le proiezioni degli scienziati del clima, riprese anche dai ragazzi di Friday For Future, gli anni a disposizione per invertire la tendenza rispetto ai cambiamenti climatici in atto sono poco più di quelli della prossima legislatura. Cosa può fare la Toscana per contribuire alla sfida che ci aspetta? Sarà in grado?
Tanto. E finora ha fatto poco. Per esempio considerare come punteggio nei bandi e selezioni in ogni ambito di competenza, l’impatto ambientale e l’effetto sul territorio di qualsiasi intervento finanziato con fondi pubblici regionali, statali ed europei. Non solo come criterio premiante, bensì stabilendo limiti non superabili per tutti quegli interventi che prevedano un impegno finanziario a fondo perduto per misure strutturali a favore di aziende e imprese. Bene sostenere l’economia ma si deve chiedere che ogni occasione sia buona per ridurre l’impatto ambientale e invertire la rotta rispetto ai cambiamenti climatici. Piccoli passi per un futuro migliore e che non sia solo la copia del passato.