Il nodo dell’Alta Velocità a Firenze
Da dove nasce l’esigenza di realizzare a Firenze un passante ferroviario dedicato all’Alta Velocità (AV)?
Sulla linea AV Milano-Napoli, il nodo fiorentino rappresenta una strozzatura, dato che non permette la necessaria differenziazione dei traffici tra i treni AV, quelli a lunga percorrenza e regionali. Questa situazione provoca ritardi ai treni AV, soprattutto i molti che si devono fermare alla stazione di testa Santa Maria Novella, e penalizza in particolare i treni regionali che subiscono continui ritardi e cancellazioni perché costretti a dare la precedenza ai treni AV.
A causa della congestione delle linee, inoltre, non è mai stato possibile utilizzare alcuni dei binari che attraversano da parte a parte e in superficie l’area metropolitana di Firenze per creare un vero e proprio Servizio ferroviario metropolitano cadenzato e capillare, sul modello delle S-Bahn tedesche, che integrato al sistema tranviario e dei bus potrebbe costituire una rete di trasporti locali efficiente per gli abitanti di Firenze e di tutta l’area metropolitana (ne abbiamo parlato in questo articolo).
Le scelte progettuali sul passante ferroviario fiorentino dell’Alta Velocità si caratterizzano per due punti fondamentali:
Difficile avere notizie ufficiali recenti sullo stato di avanzamento dei lavori: a maggio 2019 le opere risultavano completate per circa il 50%, con costi complessivi lievitati a 1 miliardo e 612 milioni di euro a fronte di un costo di 797 milioni e 370mila euro per le opere ancora da realizzare (Fonte: Analisi Costi Benefici del sottoattraversamento AV di Firenze, 31/07/2019, disponibile su www.mit.gov.it). Di tutto il progetto, ad oggi risulta ultimato lo ”scavalco” già in esercizio dal 2011 tra Rifredi e Castello (opera che permette ai binari AV di non interferire con i binari esistenti) ed è a buon punto il cantiere della stazione AV, mentre quasi niente è stato ancora fatto per lo scavo dei tunnel (di fatto a Campo di Marte è stato solo completato il “pozzo lancio fresa”, la fresa TBM è stata assemblata ma non ha mai iniziato a scavare).
Sono molti gli ostacoli che negli anni hanno rallentato e bloccato l’avanzamento dei lavori, che avrebbero dovuto concludersi entro il 2015, a partire da varie inchieste giudiziarie tra cui quella iniziata nel 2010 che ha riguardato lo smaltimento delle terre di scavo dei cantieri. Ai numerosi guai giudiziari si è aggiunta anche la grave crisi aziendale della ditta esecutrice dei lavori Nodavia, causata dal fallimento nel 2018 della sua capogruppo Condotte Spa. Nel 2019 l’appalto è stato quindi affidato a Infrarail Firenze Srl, società neo-costituita da RFI proprio allo scopo di portare a termine i lavori del nodo AV fiorentino.
Il Cantiere della nuova Stazione di Firenze Belfiore, nell’area degli Ex-Macelli [fonte: www.ifrfirenze.it]
Oggi ci troviamo a quasi vent’anni dal progetto Foster e l’area degli ex-Macelli di Firenze ospita ancora un cantiere da anni praticamente fermo, una voragine nel centro della città che finora ha inghiottito centinaia di milioni di euro (pagati in autofinanziamento da Rete Ferroviaria Italiana), per una stazione che ancora non ha visto la luce e il cui progetto è stato a più riprese rivisto e messo in discussione dalle stesse Ferrovie dello Stato.
Prima, nel 2011, con un nuovo accordo tra RFI, Regione Toscana, Provincia e Comune di Firenze, è stato eliminato dal progetto il completamento di varie stazioni del Servizio Ferroviario Metropolitano (fra queste ad esempio le stazioni Circondaria e Perfetti-Ricasoli). Il completamento doveva essere a carico di RFI, che ha indennizzato il Comune di Firenze con circa 70 milioni, congelando di fatto il progetto di rafforzamento del Servizio Ferroviario Metropolitano che era strettamente collegato a quello del nodo AV. In particolare è stata stralciata la previsione della stazione Circondaria, che doveva sorgere in superficie in corrispondenza della stazione sotterranea Belfiore e consentire quindi un raccordo tra passeggeri dell’Alta Velocità, dei treni regionali e del servizio metropolitano.
Poi, nel 2016, le Ferrovie hanno addirittura inaspettatamente rimesso in discussione l’intero progetto dell’alta velocità nel nodo fiorentino. Le esperienze delle altre stazioni sotterranee per l’alta velocità realizzate e già in funzione (Bologna, Roma Tiburtina, Torino Porta Susa) avevano infatti dimostrato che la nuova stazione AV avrebbe avuto costi di gestione troppo alti rispetto al volume di passeggeri previsto. Tenendo conto anche dei miglioramenti tecnologici raggiunti negli ultimi anni che hanno permesso una migliore gestione del traffico ferroviario e della volontà espressa da Trenitalia e NTV di continuare ad usare Firenze SMN come stazione principale per i loro treni alta velocità, la stazione Belfiore e il sottoattraversamento sono diventate agli occhi delle Ferrovie due opere su cui non valeva più la pena puntare.
In questo scenario, qual è stata la posizione di Regione Toscana e Comune di Firenze?
La Regione, va detto, ha sempre mantenuto una posizione coerente e prima con Enrico Rossi e poi con Eugenio Giani ha continuato a sostenere la necessità del progetto originario (tunnel per l’alta velocità, stazione sotterranea per treni AV e stazione Circondaria di superficie per treni regionali), vista la necessità di separare grazie ai tunnel il traffico regionale da quello AV.
Più confusa la posizione del Comune di Firenze, con il Sindaco Nardella che ha prima ribadito la necessità di mantenere fede al progetto originario, per poi abbracciare la nuova proposta di Ferrovie secondo cui Santa Maria Novella doveva rimanere il terminale principale per i treni AV, con una nuova stazione Belfiore ridimensionata rispetto al progetto iniziale e con funzione di “hub ferro/gomma” con la presenza di stalli per bus interurbani e turistici e la fermata di alcuni treni alta velocità.
Un importante contributo al dibattito, soprattutto alla luce del dietrofront di Ferrovie, si è aggiunto nel 2019 con la pubblicazione dell’Analisi Costi Benefici del sottoattraversamento AV di Firenze, commissionata dall’allora Ministro dei Trasporti Danilo Toninelli e curata dal gruppo di lavoro guidato dal professor Marco Ponti. L’analisi ha dato un responso sostanzialmente favorevole al completamento delle opere, sostenendo che porterebbe complessivamente benefici maggiori dei costi, consentendo ai treni AV che transitano dal nodo di Firenze di risparmiare tempo, ed ai treni regionali e metropolitani di aumentare la propria offerta in modo significativo. Completare i lavori, inoltre, sarebbe ormai preferibile rispetto all’opzione di abbandonarli, dato anche che in tal caso dovrebbero essere ripristinate tutte le aree attualmente interessate dai cantieri.
Questo non vuol dire tuttavia che dal rapporto sia uscito un giudizio in assoluto positivo per l’opera, e su questo pesa soprattutto il fatto che non sia stato possibile nell’analisi prendere in considerazione vere alternative: le scelte a favore del sottoattraversamento e di ubicare la stazione in una zona relativamente centrale di Firenze infatti hanno di fatto imposto al progetto vincoli determinanti, ad esempio escludendo per la stazione possibili altre localizzazioni come Campo di Marte o l’area a monte di Rifredi che secondo gli stessi autori avrebbero probabilmente dato risultati migliori.
Ponti & C. nel loro rapporto hanno poi evidenziato alcune condizioni fondamentali, senza le quali verrebbe replicato l’attuale assetto del traffico ferroviario sfavorevole per i treni regionali e quindi l’intera opera perderebbe molti dei benefici che ne giustificano l’esistenza: la realizzazione, in corrispondenza della stazione Belfiore, della stazione di superficie Circondaria per treni regionali e metropolitani; la realizzazione di un collegamento tra Belfiore/Circondaria e SMN (tramite tapis roulant o people mover); lo spostamento da SMN a Belfiore di tutti i treni AV che fermano a Firenze, non solo di alcuni di essi.
Le nostre proposte
Stupisce come si parli ancora troppo poco nel dibattito cittadino e regionale di un’opera così importante, nel bene e nel male, come quella del nodo fiorentino dell’Alta Velocità: una grande opera con effetti potenzialmente molto positivi sulla mobilità metropolitana e regionale, rilevante dal punto di vista urbanistico ma anche molto impattante dal punto di vista ambientale.
Da anni ormai sui giornali escono regolarmente dichiarazioni da parte del Comune o della Regione che comunicano l’imminente ripresa dei lavori, ma la project review annunciata fin dal 2016 ad oggi non risulta sia mai stata conclusa né tantomeno pubblicata, quindi rimane un grosso interrogativo: i lavori riprenderanno (se riprenderanno) per realizzare cosa?
Come Ecoló siamo fermamente contrari ad esempio alla proposta presentata nel 2017 da Ferrovie e sostenuta dal Comune di Firenze, di ultimare la stazione Belfiore trasformandola in un centro di smistamento treno/gomma con la fermata solo di alcuni treni AV e gli stalli per bus extraurbani. Si tratta di una proposta incongruente sotto tanti punti di vista. Innanzitutto non esiste nessuna valutazione dell’impatto sul traffico di un hub per gli autobus in una zona così centrale della città. Poi, assecondare le richieste di NTV e Trenitalia continuando ad utilizzare SMN per la maggior parte dei treni Alta Velocità, significherebbe lasciare poche capacità residue per incrementare i servizi regionali e compromettere la possibilità di istituire un vero Servizio Ferroviario Metropolitano. Infine, la proposta non prevede la realizzazione della stazione Circondaria, quindi di un interscambio tra treni regionali e AV/bus extraurbani.
Per fortuna, dalle notizie che riportano gli esiti dei più recenti incontri tra i rappresentanti del Gruppo Ferrovie, il Presidente della Regione Toscana Giani e il Sindaco di Firenze Nardella, sembrerebbe (il condizionale è d’obbligo) che questa posizione sia stata almeno in parte superata e che sia tornata sul tavolo la proposta di realizzare anche la stazione Circondaria per i treni regionali, insieme alla connessione tramite people mover della nuova stazione con SMN.
Dal punto di vista dei cittadini dell’area metropolitana, l’accettabilità di un’opera come quella del nodo fiorentino dell’Alta Velocità, impattante dal punto di vista ambientale e urbanistico, dovrebbe essere misurata tenendo in giusta considerazione le ricadute del progetto a livello locale. Per questo motivo, come Ecoló riteniamo che la realizzazione di un vero e proprio Servizio Ferroviario Metropolitano debba essere inserito come condizione irrinunciabile all’interno degli accordi tra RFI e le amministrazioni locali, qualunque sia la soluzione tecnica adottata (sottoattraversamento o alternativa di superficie) per realizzare il passante AV fiorentino.
In realtà ci chiediamo perché non sia mai stato preso seriamente in considerazione lo studio dell’alternativa di superficie al passante ferroviario AV. Un’opzione che, a lavori ancora da iniziare, avrebbe potuto rappresentare un’alternativa ad un’opera che presenta criticità significative dal punto di vista ambientale (interferenza con la falda, gestione delle terre da scavo) e di sicurezza (stabilità degli edifici sotto cui i tunnel saranno scavati).
D’altra parte però, anche in considerazione dello stato di avanzamento dei lavori, crediamo che la scelta di completare il sottoattraversamento sia da considerarsi ormai preferibile rispetto a rinunciare ad un’opera potenzialmente molto vantaggiosa per migliorare la mobilità ferroviaria regionale e metropolitana, purché:
Siamo convinti che una delle principali soluzioni per migliorare la mobilità a Firenze sia rafforzare i suoi collegamenti via treno, prioritariamente quelli che la connettono al resto dell’area metropolitana e all’intera regione, ed il passante AV di Firenze e le opere connesse potrebbero permettere di fare un grande passo in avanti in questa direzione. Crediamo che senza le due condizioni sopra indicate, tuttavia, venga meno l’unica vera giustificazione, almeno dal punto di vista dei cittadini di Firenze, per realizzarlo: l’opportunità di sviluppare un efficiente servizio di treni metropolitani di cui la città avrebbe urgentemente bisogno.
Firenze ha un poco invidiabile primato: confrontata con le altre maggiori città italiane, l’area metropolitana fiorentina ha il più alto tasso di motorizzazione a livello nazionale, con 768 auto ogni 1.000 abitanti. Se consideriamo solo il territorio comunale di Firenze, tuttavia, questo tasso scende sotto la media delle grandi città italiane (Fonte: Kyoto Club e CNR-IIA, Rapporto Mobilitaria 2020. https://iia.cnr.it/mobilitaria-2020/). Questi dati indicano evidentemente che abbiamo un problema legato all’eccessivo ricorso alla mobilità privata: più ancora che a livello cittadino, questa tendenza riguarda soprattutto gli abitanti dell’area vasta intorno a Firenze.
La piana fiorentina è attraversata da parte a parte, nelle sue principali direttrici, da binari ferroviari. Dovrebbe quindi essere strategico per Firenze considerare come priorità la creazione di un vero e proprio Servizio Ferroviario Metropolitano (SFM), attraverso il quale sviluppare al meglio una mobilità integrata in tutto il territorio provinciale, con treni frequenti e puntuali che collegano tutte le fermate presenti ad esempio sulle linee tra Firenze ed Empoli, Campi Bisenzio, Prato, Borgo San Lorenzo, Pontassieve. Un servizio che permetta di andare da Campo di Marte a Rifredi in 8 minuti con treni che fermano ogni 5 minuti.
SFM e TAV
L’idea di un Servizio Ferroviario Metropolitano a Firenze è sempre andata di pari passo al progetto del passante ferroviario dell’Alta Velocità.
I due progetti sono, nei fatti, intrinsecamente collegati per motivi strutturali: la rete ferroviaria fiorentina, allo stato attuale, non permette lo sviluppo di un SFM con cadenzamento adeguato fra tutte le stazioni interessate. Lo spostamento dei treni ad Alta Velocità al passante sotterraneo permetterebbe invece, senza grandi interventi sulla rete di superficie, di dedicare alcuni binari ai treni locali.
Già nei primi accordi stipulati fra le Ferrovie, Regione Toscana e Comune di Firenze emergeva chiaramente l’idea, parallelamente alla realizzazione del sottoattraversamento, di sfruttare la maggiore disponibilità di binari in superficie per rinforzare su Firenze le linee ferroviarie locali riattivando vecchie stazioni in disuso e realizzandone nuove. Ciò che non tutti sanno, però, è che è stata la giunta Renzi nel 2011 a chiedere a Ferrovie di stralciare dagli accordi la previsione del SFM, e da questa scelta il Comune di Firenze anche con l’attuale sindaco Nardella non è mai tornata (almeno ufficialmente) indietro.
Che cos’è un Servizio Ferroviario Metropolitano
Un Servizio Ferroviario Metropolitano, come quello realizzabile a Firenze, ha delle caratteristiche precise che lo distinguono sia dalla metropolitana che dal servizio ferroviario regionale:
In Europa sono note l’esperienza della RER parigina, delle S-BHAN tedesche e in Italia il passante ferroviario di Milano e Torino.
Un treno S-BHAN a Berlino.
Le stazioni di Firenze
Il progetto di un Servizio Ferroviario Metropolitano per Firenze dovrebbe prevedere l’utilizzo e il potenziamento di tutte le stazioni ferroviarie del territorio comunale.
Nel piano del nodo dell’Alta Velocità Fiorentina anteriore al 2011 era prevista, insieme alla realizzazione del sottoattraversamento e della “Foster” (Stazione AV Firenze Belfiore), la costruzione o l’ammodernamento delle stazioni: San Salvi, Le Cure, Circondaria, Dalmazia, Perfetti-Ricasoli, Peretola, Quaracchi, Osmannoro.
La rete di stazioni metropolitane di Firenze così come immaginate al 2011. [Fonte: Nostra elaborazione su Piante RFI.]
Fin da subito l’idea di una stazione a San Salvi è stata abbandonata da RFI perché troppo vicina a Firenze Campo di Marte. È stata invece costruita, ma non è mai entrata in funzione, la stazione Perfetti-Ricasoli, in una posizione strategica fra Nuovo Pignone e Nuova Scuola dei Carabinieri. Restano sulla carta Dalmazia, Quaracchi, Campi e Osmannoro, cruciali se si pensa a come il SFM collegherebbe in modo ecologico, conveniente e veloce alcune tra le zone residenziali e produttive principali dell’area metropolitana.
Fondamentale in particolare rimane la costruzione della stazione Circondaria, strettamente legata al completamento della Stazione AV Belfiore e opera necessaria per permettere un collegamento tra treni regionali e locali e Alta Velocità. Arrivando con l’Alta Velocità alla Stazione Belfiore, sarebbe sufficiente salire al piano superiore e prendere un treno regionale per arrivare a Santa Maria Novella, avendo a disposizione un treno ogni 5 minuti, oppure prendere treni per Prato, Pisa o Arezzo. I passeggeri dell’AV diretti a Firenze potrebbero raggiungere il centro storico in un attimo, quelli diretti in Toscana troverebbero coincidenze immediatamente.
Dopo l’accantonamento da parte dell’ex sindaco Renzi nel 2011, tuttavia, la stazione Circondaria non è mai stata costruita ed è sparita per anni dal dibattito sul nodo dell’Alta Velocità: oggi sembra finalmente essere tornata sul tavolo delle trattative tra Comune, Regione e Ferrovie, insieme all’idea di un collegamento veloce tramite People Mover tra Circondaria/Belfiore e la Stazione SMN. Non è stato tuttavia reso ancora pubblico nessun progetto, né per la stazione Circondaria né per l’ipotetico servizio navetta con la Stazione SMN.
La situazione attuale
Al momento le stazioni esistenti nell’area fiorentina sono collegate tramite i treni regionali, con differenze sostanziali fra le varie stazioni. Per esempio, la tratta Rifredi-SMN è pienamente servita con 120 treni regionali al giorno (6 mediamente ogni ora), mentre ci sono solo 16 treni al giorno da Le Piagge e 31 da Castello. E se è vero che ci sono mediamente tre treni l’ora per andare da Campo di Marte a Santa Maria Novella, ci sono meno di 20 treni il giorno che portano da Campo di Marte a Rifredi permettendo di aggirare il centro e collegando due quartieri popolosi.
Per dare un’idea, al momento con i bus (ad es. linea 20) ci vogliono 35-40 minuti per coprire questo tragitto, mentre in treno sono al massimo 10 minuti con fermata a Statuto, dove si può prendere il tram per il centro o per Careggi. Non ultima, resta sottoutilizzata la vecchia linea Faentina che potrebbe servire sia il Mugello che le Cure: al momento sulla linea transita meno di un treno l’ora e nelle ore centrali della mattina non si muove una foglia.
Le nostre proposte
Crediamo fortemente che il Servizio Ferroviario Metropolitano debba essere portato avanti come progetto cardine per una mobilità integrata, che veda treni, bus e tram (insieme alla rete delle piste ciclabili al progetto della bicipolitana ed ai servizi di bike sharing) lavorare tutti insieme con l’obiettivo di ridurre al minimo gli spostamenti con i mezzi motorizzati privati.
Il Servizio Ferroviario Metropolitano è cruciale:
Per questo siamo convinti che il Comune debba fare marcia indietro rispetto alle decisioni del 2011. Parallelamente alla realizzazione del passante AV di Firenze, la stazione Circondaria deve essere portata a termine, perché è uno dei tasselli indispensabili per un servizio Ferroviario Metropolitano.
Inoltre dovrebbe essere subito attivata la stazione di Perfetti-Ricasoli e rafforzato il cadenzamento della linea Faentina, attraverso un treno circolare, con attestamento a Campo di Marte e frequenze ogni 30’.
Nel grafico riportiamo un’ipotesi di massima realizzata a partire dalle analisi prodotte da AMT – Associazione per gli studi sulla Mobilità e i Trasporti in Toscana (ogni eventuale errore è imputabile soltanto a noi). Un progetto preciso avrebbe bisogno di tener conto della riorganizzazione del sistema regionale ma anche questo schema di massima rende chiare le potenzialità del progetto. Si vedono le 5 linee del SFM che collegano tutto il nord della città metropolitana. Questi treni, assieme ai regionali di più lunga percorrenza, garantiscono cadenze molto frequenti, di 5’ nella “cintura” e di 7′ e 30” verso SMN (numeri in rosso). In nero sono invece riportate le cadenze sulle direttrici dei treni regionali, 12′ da SMN a CM. Stessa cadenza fra Empoli e Circondaria.
Fonte: Nostra rielaborazione a partire da materiale AMT.
Sgomenti e inermi di fronte all’invasione dell’Ucraina abbiamo fatto alcune domande a Vanni Pettinà, esperto di guerra fredda, fiorentino ma da anni professore associato presso il Centro de Estudios Históricos del Colegio de México, università di riferimento in Messico per le scienze sociali.
Ecolo’: Ciao Vanni, grazie per la disponibilità a rispondere a queste domande. Sei uno storico delle relazioni internazionali, quindi partiamo da come siamo arrivati qui. Quali sono le radici storiche, politiche ed economiche delle tensioni tra Russia e Ucraina?
Vanni Pettinà: Dunque, io inizierei in modo diverso, dicendo che non esistono ragioni che, in termini di conflitto storico, possano offrire un nesso causale diretto per comprendere l’invasione russa dell’Ucraina. Ci sono ovviamente numerosi errori commessi da Washington, dall’Unione Europea e dalla NATO dopo il collasso dell’URSS, nel dicembre del 91. Potrei citare, per esempio, la shock therapy elaborata dall’economista statunitense Jeffrey Sachs per “aiutare” la Russia a integrarsi nell’economia di mercato, che produsse un impoverimento drammatico del paese con conseguenze sociali devastanti per i cittadini dell’ex URSS. Però, detto questo, non esiste un conflitto “storico” tale da rappresentare un nesso di causalità diretto con l’invasione. L’invasione avviene perché Putin ha deciso che un’Ucraina sovrana e indipendente non è tollerabile nei suoi calcoli strategici, razionali o meno che essi ci appaiano, ed è convinto di avere la forza militare necessaria per piegare il paese. C’è quindi una correlazione ma non una causalità diretta tra gli errori commessi da Europa, Stati Uniti e NATO e l’invasione dell’Ucraina.
Esistono piuttosto narrazioni prodotte dallo stesso Putin che si nutrono di una pseudo-storia, e che vengono usate dalla Russia per giustificare l’invasione. Come storico, sento la necessità di sottolineare che si tratta, appunto, di costruzioni inattendibili. Un esempio: l’annosa questione dell’espansione della NATO che viene indicata da Putin come uno dei motivi per dar avvio all’invasione. Anche se con un po’ di leggerezza l’Alleanza ha messo in effetti in agenda la sua ammissione nel 2008, ma l’Ucraina non appartiene all’alleanza e la sua entrata – come nel caso della Georgia, proprio per evitare un conflitto con la Russia – non era né prossima, né all’ordine del giorno. Inoltre, credo che sia necessario sottolineare che sono stati i paesi dell’ex Patto di Varsavia o della stessa URSS che, dopo l’implosione sovietica, hanno chiesto di entrare nella NATO e nell’EU, in parte anche come conseguenza dei traumi prodotti dalla loro collocazione sotto l’ombrello sovietico durante la Guerra Fredda. La lista potrebbe proseguire e potrebbe includere il fatto che non esiste una violazione storica e sistematica dei diritti della popolazione russoparlante dell’Ucraina. Come dimostra proprio la resistenza in massa contro l’invasione e che ha coinvolto anche cittadini di lingua russa, l’appartenenza culturale non coincide necessariamente con quella nazionale, come vorrebbe la narrazione caldeggiata da Putin. La storiografia più aggiornata che si occupa di storia della Russia ha da tempo sottolineato la necessità di diversificare proprio tra russkij e rossijskij, per definire l’aggettivo russo. Russo-russkij indica l’appartenenza culturale russa, mentre russo-rossijskij indica l’appartenenza allo stato-nazione russo. Si può dunque essere al medesimo tempo russo-russkij e cittadino di un altro stato – in questo caso dello stato-nazione ucraino. Non esiste la contradizione cui si appiglia Putin, che vorrebbe invece cancellare questa importante distinzione facendo coincidere appartenenza culturale con quella nazionale allo stato Russo. Questa coincidenza è un’invenzione, e come tale va criticata.
Ecolo’: Qual è la ragione fondamentale della scelta russa di invadere l’Ucraina?
Vanni Pettinà: Se assumiamo come verosimile il ragionamento di cui sopra, dobbiamo cercare proprio nella volontà di espansione di Putin la causa principale dell’invasione dell’Ucraina. Ora, cosa ci sia dietro questa agenda espansionista è difficile da dire e ci muoviamo nel regno delle ipotesi. La più plausibile, considerando la cultura politica d’appartenenza di Putin (legata ai settori più conservatori dell’ex URSS e al KGB, di cui era agente), è che ritenga che la Russia debba recuperare la posizione geopolitica mantenuta dall’URSS durante la Guerra Fredda. Ucraina ed Europa dell’Est, ma anche le tradizionali zone di influenza sovietiche in Medioriente, come la Siria, sembrerebbero rappresentare una specie di spazio vitale russo che deve essere riacquisito, senza escludere ovviamente il ricorso alla guerra. Anche perché la mancanza di un appeal russo politico-culturale, che invece aveva l’URSS, e dunque di un soft-power effettivo, rende per Mosca la guerra quasi uno strumento inevitabile per riappropriarsi di questo spazio vitale. Ovviamente, la debolezza politica degli Stati Uniti, dopo quasi due decenni di interventi dissennati in Medioriente, e quella della NATO, indebolita dallo stesso Trump durante la sua presidenza, hanno probabilmente convinto Putin che ci fossero le condizioni per un intervento senza reazioni rilevanti da parte di Stati Uniti, Europa e NATO. Ci potrebbe anche essere un calcolo che mira ad alimentare quel nazionalismo irredentista russo, stimolato dagli errori commessi dai Paesi dell’alleanza atlantica dopo il ‘91, che Putin ha cavalcato fin dal suo arrivo al potere e sul quale ha basato le sue fortune politiche.
Ecolo’: Quanto potrebbe durare questa guerra?
Vanni Pettinà: Questo dipende da due variabili fondamentali, credo. La prima è ovviamente la capacità di resistenza delle forze armate ucraine, fattore che a sua volta dipende anche dalla volontà e capacità dell’Europa e degli Stati Uniti di appoggiarle con aiuti militari ed economici. La seconda dipende invece dalla volontà Russa di impiegare livelli di violenza militare crescenti, proprio per stroncare la resistenza ucraina. Ad ogni modo, finita la fase più classica della guerra, quella attuale in cui si stanno fronteggiando due eserciti, mi pare plausibile prevedere la sua prosecuzione su un terreno di conflitto non convenzionale, in cui gli ucraini cercheranno di logorare con la guerriglia le forze armate russe.
Ecolo’: Come potrebbe finire?
Vanni Pettinà: È ovviamente difficile dirlo. Se però consideriamo sia la determinazione Russa nel proseguire il conflitto sia quella ucraina nel resistere, probabilmente lo scenario più plausibile potrebbe essere quello di una partizione del territorio ucraino in due, l’Est in mano alla Russia e l’Ovest sotto il controllo ucraino, probabilmente con Leopoli come nuova capitale.
Ecolo’: Qualcuno ha paventato la possibilità che Putin sia deposto dal suo stesso entourage. È una fantasia occidentale priva di fondamento?
Vanni Pettinà: È una possibilità. Le sanzioni potrebbero indebolire il patto tra oligarchi e Putin e muovere i primi a cercare una soluzione alternativa che permetta loro di non perdere la ricchezza accumulata e la cui salvaguardia, mi pare, sia ormai resa quasi impossibile dalle sanzioni economiche europee e statunitensi che hanno colpito duramente molti dei patrimoni degli oligarchi russi. La difficoltà, in questo caso, è che si tratta di una relaziona asimmetrica in cui sono più gli oligarchi a essere dipendenti dalle concessioni di Putin, non viceversa. Altra possibilità è che la guerra e i suoi costi vengano percepiti come eccessivi dalle stesse forze armate e dagli attori politici che sostengono Putin. Ci sono dei precedenti. Nel 64 Chruščëv venne spodestato dal potere attraverso un putsch di palazzo, proprio perché la sua politica estera, che aveva condotto alla Crisi dei Missili di Cuba nell’ottobre del 62, era stata ritenuta eccessivamente rischiosa e politicamente costosa per l’URSS. Morti e costi economici potrebbero innescare un processo simile, anche se al momento Putin pare essere saldamente al potere, sostenuto anche da una opinione pubblica irretita dalla propaganda e quindi non molto critica verso la guerra in Ucraina.
Ecolo’: Condividi la scelta di fornire armi alla resistenza Ucraina da parte dell’Italia?
Vanni Pettinà: Sì, perché temo che la possibilità di arrivare a un negoziato dipenda proprio dalla capacità di resistenza delle forze armate ucraine. Putin ha come obiettivo la conquista del Paese intero, solo se il costo di questa operazione dovesse divenire troppo alto potrebbe scegliere di negoziare una partizione. E il costo per la Russia dipende direttamente dalle sanzioni ma anche soprattutto dalla capacità di resistenza militare ucraina.
Ecolo’: Come si concilia la fornitura di armi a una delle due parti in guerra con il proseguimento dell’acquisto di gas dalle compagnie russe?
Vanni Pettinà: Male. Si tratta ovviamente del solito problema di mancanza di una visione strategica europea. È da tempo che, non solo il problema dell’Ucraina, ma, più in generale, quello di una Russia più assertiva o di un mondo geopoliticamente meno stabile, a causa dell’erosione dell’egemonia statunitense, sono processi evidenti. La dipendenza energetica europea, e soprattutto tedesca, dalla Russia è solamente un esempio dell’impreparazione europea di fronte alle sfide che il nuovo contesto lancia. Ma è, appunto, solamente una. La mancanza di un debito comune europeo o di un sistema di difesa continentale mi paiono altri elementi che, se la guerra dovesse estendersi, rivelerebbero altri punti altamente critici dell’impreparazione europea.
Ecolo’: Come immagini che cambieranno gli equilibri geopolitici dopo la fine di questo conflitto?
Vanni Pettinà: Paradossalmente, potrebbe cambiare a favore dell’Europa e degli Stati Uniti. La Russia uscirà molto indebolita, economicamente e geopoliticamente da questo conflitto. Le sanzioni prostreranno l’economia russa e l’immagine del paese ne esce devastata. L’invasione, invece, sta rafforzando la presenza della NATO che, in teoria, l’invasione voleva giustamente limitare. Anche l’Unione Europea sembra essersi di colpo svegliata. Finalmente si parla di una politica di difesa comune e di una politica energetica che la liberi dalla dipendenza dalla Russia. Gli Stati Uniti, inoltre, hanno ridotto grazie alla guerra i danni causati dalla presidenza Trump ma anche dai clamorosi errori commessi durante i decenni di arroganza unilaterale. Le ferite non sono ovviamente rimarginate, ma gli errori russi mi pare che aiutino Biden a tappare, almeno in parte, quelli statunitensi. Dal punto di vista sia russo che degli equilibri europei mi pare che il cambiamento più significativo sia la decisione tedesca di tornare a investire sulla propria forza militare. Va ricordato che l’intera architettura del sistema di sicurezza costruito dalla Russia dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale verteva proprio sul perno di una Germania demilitarizzata. Con questa invasione Putin è riuscito a rendere vana la morte di 26 milioni di russi durante la Seconda guerra mondiale, un numero che aveva in qualche modo legittimato le richieste sovietiche di disarmo tedesco.
Anche la Cina non mi pare esca bene dal conflitto, almeno dal punto di vista della sua immagine internazionale. Appoggiare l’invasione di un paese sovrano, anche se nella forma ambigua in cui lo sta facendo, non credo rassicuri i paesi con cui la Cina vuole commerciare e verso cui ambisce ad espandere la sua influenza politica e culturale. L’egemonia si basa anche e soprattutto sul consenso e questa invasione mi pare stia mostrando chi è in grado di generarlo e chi no.
Ecolo’: Qual è stato il ruolo della Cina e come potrebbe cambiare la sua strategia di lungo termine?
Vanni Pettinà: Come dicevo sopra, la Cina poco prima dell’invasione russa ha firmato con Mosca un patto di cooperazione. È evidente che i due paesi condividono un’agenda che mira a rivedere gli equilibri politico-economici su cui si basa l’ordine internazionale attuale. Il punto è che la Cina ha fatto del commercio e dell’integrazione economica due pilastri chiave della sua strategia di espansione globale. La guerra in Ucraina turba il normale operare dell’economia internazionale e quindi va contro la strategia cinese di usare le dinamiche economiche a suo favore. Ma l’appoggio all’invasione danneggia anche l’immagine di attore pacifico che la Cina ha cercato di costruire in questi anni per rassicurare gli interlocutori con cui commercia e intesse relazioni politico-economiche. La Cina è, rispetto alla Russia, un attore molto più integrato nell’economia globale e, dunque, ogni turbamento dell’ordine economico internazionale ha o può avere nel paese asiatico ripercussioni molto problematiche.
Ecolo’: I media occidentali hanno sottolineato che 135 stati hanno votato a favore della risoluzione di condanna alle Nazioni Unite. Tra i 35 paesi astenuti ci sono Cina, India e Pakistan (3 miliardi di persone). Puoi spiegarci perché India e Pakistan hanno votato assieme alla Cina?
Vanni Pettinà: Direi che sono posizioni dettate da convergenze geopolitiche e dal fatto che vi sono interessi economico-politici importanti. L’India, per esempio, mantiene una relazione di vicinanza politico economica con l’URSS fin dai tempi dell’indipendenza e, inoltre, in tempi recenti ha sviluppato importanti relazioni commerciali soprattutto nel settore degli armamenti.
Grazie del tuo tempo!
La foto di copertina è di Sergey Kozlov/EPA-EFE